Dunque Sergio Mattarella non salirà a Milano per l’imminente Prima alla Scala. Replicherà l’assenza del 2023 e romperà ancora una lunga tradizione degli anni precedenti. Sempre punteggiata da accoglienze caldissime del pubblico per un Presidente che pareva rinnovare ogni anno la sua solida fiducia nella metropoli lombarda.



Ufficialmente il presidente della Repubblica sarà impegnato all’estero e già questo fa pensare. Appena due anni fa sul palco presidenziale del Piermarini andò in scena l’appuntamento istituzionale più importante del 7 dicembre in Europa: con il capo dello Stato italiano affiancato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, alla sua prima stretta di mano pubblica con la neo-Premier italiana Giorgia Meloni. E fece notizia perfino sui media internazionali l’Inno alla gioia di Beethoven – inno dell’Ue – eseguito per la prima volta dall’orchestra, a sipario ancora chiuso, assieme al consueto “Fratelli d’Italia”.



Come da molti anni, anche alla Prima del 2022 l’apparato di sicurezza attorno a piazza della Scala fu imponente. Le proteste degli antagonisti assortiti sono divenute una tradizione nella tradizione. Un po’ mitologica nel richiamo a quella del 1968, rimasta negli annali meneghini per il lancio di uova sulle “sciure” impellicciate da parte del movimento studentesco. Più di sessant’anni dopo l’atmosfera attorno alla Prima di Sant’Ambrogio si preannuncia più tesa ancora: in fondo lontana dall’antagonismo pesante ma un po’ goliardico di Mario Capanna.



Milano in questi giorni sta facendo notizia per gli incidenti al Corvetto, nella periferia più hard, ormai apertamente assimilata alle banlieue di Parigi e Marsiglia. Ma da molti mesi le piazze milanesi sono agitate da un antagonismo endemico e proteiforme, che è parso avere come filo rosso (non unico) la protesta filopalestinese, attecchita a macchia d’olio nel mondo studentesco.

Da un lato gli immigrati nelle periferie del disagio (come il giovane egiziano rimasto ucciso sabato notte, mentre fuggiva da un inseguimento dei carabinieri); dall’altro i cortei ricorrenti contro Israele, (nella città della senatrice Liliana Segre: che l’anno scorso occupò alla Prima il seggio centrale riservato a Mattarella, lasciatole dal Presidente del Senato Ignazio La Russa). Il presidente della Repubblica – comprensibilmente – ha voluto risparmiare un sovraccarico di tensione in una città già sotto pressione. Ma ha certamente evitato di far risuonare un diapason squisitamente politico: su terreni sui quali il Quirinale non ha mancato di esporsi nell’ultimo anno, pur sempre nei limiti del suo ruolo di garanzia istituzionale.

Non più tardi di ieri, all’assemblea della Confartigianato, Mattarella ha citato eloquentemente i micro-imprenditori immigrati. Le proteste anti-israeliane (anche contro la senatrice a vita reduce da Auschwitz) rimangono dal canto loro una questione irrisolta fra Governo e Quirinale: sul versante interno (fra libertà di manifestazione, ordine pubblico e contrasto all’antisemitismo) e su quello esterno, nei rapporti fra l’Italia e il Governo di Gerusalemme.

Assenti nuovamente sia Mattarella che Meloni, è difficile che Milano possa far finta di nulla. Alla Prima del 2007, l’emiro del Qatar – in una rara presenza pubblica all’estero – segnalò il netto vantaggio con cui Milano affrontava la volata finale per l’Expo del 2015: ritenuto il punto più alto della storia milanese recente. Fu certamente il trampolino di lancio per Beppe Sala, Sindaco dal 2016. Fra i palchi della Prima 2024 – come già si sta facendo con insistenza fra Milano e Roma – si chiacchiererà alla fine poco delle Olimpiadi invernali in programma fra poco più di un anno. E molto, invece, su chi potrebbe essere un nuovo Sindaco ospite già della Prima 2025.

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