In onda su Raiuno un interessante documentario dedicato a Primo Levi. Si tratta di una straziante e accurata ricostruzione, contenente filmati girati ed interpretati da veri e propri attori, con contributi storici e preziose testimonianze. Nella docu-fiction di Rai Uno si tratta anche l’ateismo di Primo Levi, una caratteristica che si è estremamente fortificata dopo la terrificante esperienza vissuta nel campo di concentramento di Auschwitz. “Io, il non credente, e ancor meno credente dopo la stagione di Auschwitz”, le parole di Primo Levi. Drammatico il suo stato d’animo e i dilemmi con cui ha dovuto convivere fino all’ultimo dei suoi giorni: “C’è Auschwitz, dunque non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo”. (Aggiornamento di Jacopo D’Antuono)



PRIMO LEVI, DOCU-FICTION RAI

Questo è un uomo” si intitola la docu-fiction di Rai Uno che racconta la vita e i momenti salienti della vita di Primo Levi. E allora, prima della messa in onda in prima visione alle 22.45 in questo sabato 30 gennaio, ripercorriamo la storia dell’uomo che forse meglio di chiunque altro con il suo straziante capolavoro, “Se questo è un uomo“, ha descritto il dramma dell’Olocausto. Primo Levi nasce a Torino il 31 luglio del 1919. Di salute cagionevole, dal fisico fragile e dallo spirito introverso, Primo Levi è protagonista di un’infanzia alla quale mancano i caratteristici giochi con i coetanei.



La sua intelligenza, però, è sviluppatissima: egli alle scuole superiori eccelle sia nelle materie umanistiche, dove esalta la propria fantasia, sia in quelle scientifiche, sua vera passione che lo porterà negli anni successivi ad iscriversi alla Facoltà di Scienze alla locale Università. Laureatosi con lode nel 1941, a macchiare quell’attestato c’è una dicitura indegna:”Primo Levi, di razza ebraica”. Al riguardo, un acuto Levi osserva: “[…]le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Si era ormai dimenticato il volto criminale del fascismo (quello del delitto Matteotti per intenderci); rimaneva da vederne quello sciocco“.



PRIMO LEVI, LO SCRITTORE DI “SE QUESTO E’ UN UOMO”

La parabola di vita di Primo Levi, però, volge al peggio quando la guerra si trasferisce direttamente sul suolo italiano. Egli si oppone alle milizie naziste e nel 1943 trova rifugio sopra le montagne di Aosta: la sua Resistenza verrà però piegata dai fascisti, che lo internano nel campo di concentramento di Fossoli. Primo Levi viene successivamente deportato ad Auschwitz: ed è qui che sperimenterà da vicino le atroci sofferenze e l’essenza della malvagità umana poi racchiuse in un’opera mirabile come “Se questo è un uomo”, capolavoro di dignità personale, manifesto di umanità a confronto della vigliaccheria disumana del nazifascismo.

Pubblicato nel 1947, al libro viene spesso integrata un’intervista rilasciata poco tempo dopo dallo stesso Levi, in cui l’autore spiega di essere pronto a perdonare i suoi aguzzini: ciò che gli preme è che la sua opera resti come testimonianza, per assicurarsi che eventi come l’Olocausto non abbiano a ripetersi in futuro. Primo Levi morirà suicida l’11 aprile 1987: forse fiaccato dall’atroce esistenza vissuta, se non portato all’estremo gesto per estinguere l’assurdo senso di colpa di essere sopravvissuto allo sterminio.