È caos a Bologna durante la proiezione di “Baby Olivia”, un documentario di circa 3 minuti realizzato con l’intelligenza artificiale da Pro Vita e Famiglia per raccontare dal punto di vista della bambina cosa accade dal momento del concepimento alla fine della gestazione. I manifestanti si erano riuniti a Piazza XX settembre, in zona stazione, per portare avanti la loro causa, ma hanno dovuto scontrarsi con numerosi loro oppositori, giunti sul posto per boicottare l’evento. Tra questi, secondo quanto affermato al sito ufficiale della onlus da Francesco Perboni, referente per la città felsinea, ci sarebbero stati “partiti di sinistra (tra cui Volt Italia), di collettivi transfemministi, con la presenza fra loro di alcuni consiglieri comunali”.
È stato necessario l’intervento della Polizia anti-sommossa per evitare delle aggressioni con conseguenze serie per gli esponenti di Pro Vita e Famiglia e per mantenere la situazione tranquilla. Le forze dell’ordine hanno in tal senso imposto una distanza di sicurezza tra i due gruppi, ma anche a distanza non è stato semplice. “Hanno gridato volgarità contro di noi, intimidendo anche i passanti, hanno fatto volantinaggio e affisso alcuni volantini, hanno tentato di staccare i cavi audio del maxi schermo, hanno colpito le nostre telecamere, ci hanno lanciato preservativi e mostrato le natiche”, ha raccontato ancora Francesco Perboni.
Il messaggio lanciato da Pro Vita e Famiglia con “Baby Olivia”
Pro Vita e Famiglia, nonostante le difficoltà riscontrate a Bologna, non ha alcuna intenzione di interrompere il tour, con l’ultima tappa che toccherà Ancona. L’obiettivo è sempre il medesimo: “la vita umana comincia dal concepimento”. È il messaggio chiaro che arriva dal documentario “Baby Olivia”.
“Quel video fa paura perché mostra la verità, la realtà. È evidente che non eravamo noi volontari di Pro Vita & Famiglia a suscitare l’acredine e la rabbia rancorosa con cui i manifestanti si sono scagliati su di noi, ma la realtà stessa, la verità. Se è vero, come dicono, che il concepito non è altro che un grumo di cellule, e che espellerlo è come tagliare un’unghia, o un capello, come mai fa così male vederlo?”, ha concluso Francesco Perboni.