Mentre ancora non si hanno certezze su quella che sarà la nuova Commissione europea, quella uscente oggi aprirà ufficialmente la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per eccesso di deficit. Una sorte che toccherà anche ad altri dieci Paesi membri, tra cui la Francia, già alle prese con una situazione politica che sta avendo non pochi effetti anche sui mercati. Venerdì, inoltre, la Commissione invierà ai Governi la “traiettoria tecnica” di aggiustamento dei conti pubblici prevista delle nuove regole sul Patto di stabilità e crescita e che servirà da base per i negoziati tra Bruxelles e i Paesi membri, tra cui l’Italia, per definire gli obiettivi da raggiungere nei prossimi anni. Abbiamo chiesto un commento a Luigi Campiglio, professore di politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Professore, di fronte a questi appuntamenti non certo secondari per il nostro Paese ha qualche timore particolare?
Sono preoccupato dal fatto che tramite un’applicazione molto letterale delle nuove regole del Patto di stabilità e crescita l’economia di tutta l’Europa, non solo dell’Italia, possa subire un forte rallentamento. Anche perché nel frattempo la Bce sta portando avanti una politica monetaria ancora restrittiva. Focalizzandoci sul nostro Paese, mi sembra importante evidenziare un dato.
Quale?
Abbiamo già sottolineato in passato che l’Italia dal 1999, anno di inizio dell’avventura dell’euro, fino al 2019 ha sempre fatto registrare un avanzo primario di bilancio, tranne che nel 2009. Adesso possiamo anche vedere, sulla base dei dati di Bankitalia, quello che è successo a partire dal 2020.
Cos’è successo dopo la pandemia?
Nel 2020 il saldo primario dell’Italia è stato negativo per il 5,9% del Pil. L’anno successivo è passato al -5,2%, quindi è sceso al 4,3% nel 2022 e al 3,6% nel 2023. Le previsioni dicono che quest’anno ci sarà un’ulteriore riduzione al -0,4%. Di fatto stiamo tornando a essere un Paese virtuoso, soprattutto se confrontiamo i nostri dati con quelli della Francia, che nel 2020 aveva un saldo primario pari al -7,7%, che si è poi ridotto al -2,8% nel 2022, ma già l’anno scorso è tornato a crescere attestandosi al -3,8% e nel 2024 dovrebbe far segnare un -3,3%.
Perché ritiene importante evidenziare questi dati?
Perché non possono essere trascurati dalla Commissione e credo vadano ricordati a Bruxelles nei negoziati successivi all’invio della traiettoria tecnica di risanamento dei conti pubblici. Di fatto quest’anno il nostro Paese dovrebbe avere un saldo primario persino migliore di quello della Germania (-0,6%). Non si può dimenticare che con tutta la buona volontà possibile l’Italia non può ridurre il deficit su Pil se non riesce a crescere. La domanda chiave da rivolgere alla Commissione sarà dunque: con la traiettoria tecnica che ci state fornendo, il Paese, oltre che pagare gli interessi sul debito, riuscirà a crescere?
Fino ad adesso l’ha fatto anche più della media europea…
Vero, anche se già nel primo trimestre di quest’anno siamo scesi al livello della media europea, mentre abbiamo bisogno di stare ben al di sopra. Abbiamo bisogno di aumentare la produttività tramite investimenti ed evitando sprechi, ma c’è il rischio di inutili stangate di austerità. Siamo di fatto arrivati al primo test sul campo del nuovo Patto di stabilità e crescita: se dovesse portare a un indebolimento ulteriore della crescita, prepariamoci a una crisi non solo italiana, ma europea.
C’è, quindi, il rischio che si arrivi a un’inversione del trend positivo relativo alla crescita del Pil italiano?
Sì, considerando i problemi delle famiglie italiane, la cui capacità di risparmio è crollata. Si tratta, a mio avviso, di un indicatore preoccupante, perché significa che anche chi ha un buon reddito non è più in grado di risparmiare come prima. Mi auguro che la Commissione europea in questi giorni si ricordi che di fatto tutta l’Ue è reduce da una serie di shock economici importanti da cui non si è ancora del tutto ripresa.
A questi shock potrebbero aggiungersi anche le conseguenze di quel che sta avvenendo politicamente in Francia, che già si vedono sul nostro spread?
L’impatto di quanto sta succedendo in Francia sull’Europa e sull’Italia è già forte, perché i flussi di capitale sono già in movimento e ancora non abbiamo una visione certa del quadro politico d’Oltralpe. L’Europa sarà in fibrillazione almeno per altre tre settimane.
Non sarebbe meglio allora rinviare la definizione della traiettoria tecnica in attesa di avere più certezze?
Certo che sarebbe meglio. Speriamo in ogni caso che si possa arrivare per l’Italia alla definizione di una traiettoria di 7 anni. Anche perché andare oltre l’orizzonte di un’intera legislatura aiuterebbe ad avere un quadro stabile sul percorso cui dovremo, e spero anche vorremo, attenerci.
(Lorenzo Torrisi)
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