Alessia Pifferi insiste sulla sua versione e, nel rispondere alle domande del pm Francesco Tommasi in udienza, al processo che si celebra a suo carico per la morte della figlia di 18 mesi, Diana, sostiene ancora di essere una buona madre. La donna, 38 anni, è accusata di aver causato il decesso della piccola, abbandonata per 6 giorni in casa a Milano mentre lei era altrove con il compagno, ma continua a dichiarare di aver sempre accudito la bimba con amore e premura.



Poche ore fa, davanti alla Corte d’Asssise dal capoluogo lombardo in cui compare come imputata di omicidio volontario, Alessia Pifferi ha ribadito di aver lasciato sua figlia da sola nella convinzione che quanto le aveva messo vicino al lettino, biberon con del latte, bottigliette d’acqua e “un teuccio”, bastasse fino al suo ritorno nonostante il lungo lasso di tempo in cui la minore sarebbe rimasta in totale solitudine. Una “prassi” consolidata, secondo quanto emerso in sede di indagini, nella vita quotidiana di Alessia Pifferi perché la donna, come lei stessa avrebbe confermato, si sarebbe allontanata in altre precedenti occasioni dall’abitazione prima dell’ultima, fatale settimana. Incalzata dal pubblico ministero in aula, la 38enne ha chiesto di “non essere rimproverata”. Ad aggravare ulteriormente la posizione dell’imputata, il fatto che nei giorni in cui si consumava la tragedia sarebbe tornata a Milano per poche ore ma non si sarebbe preoccupata di recarsi a casa dalla sua bambina, pur sapendo che era sola fin dal momento della sua partenza.



Alessia Pifferi al pm: “La prego di non sgridarmi, pensavo che il latte bastasse”

Il processo a carico di Alessia Pifferi, accusata di aver abbandonato la figlia Diana in casa per giorni a Milano provocandone il decesso, prosegue davanti alla Corte d’Assise con l’esame dell’imputata. La bimba sarebbe morta di stenti dopo essere stata lasciata sola, adagiata su un lettino da campeggio, nel luglio 2022 perché la madre, secondo l’accusa, avrebbe preferito stare insieme al suo compagno altrove, lontano dall’abitazione in cui la minore avrebbe trovato la sua terribile fine dopo una lenta agonia. Ma non era la prima volta che Diana restava sola tra quelle mura.



Alle domande del pm, in aula, poche ore fa Alessia Pifferi avrebbe risposto con aria sommessa ma senza arretrare di un millimetro dalla sua posizione. Lo riporta Ansa, citando i passaggi chiave della deposizione della donna: “Sì, l’ho lasciata sola, pochissime volte, non ricordo quante. Andavo via e di solito l’indomani tornavo subito a casa. Le lasciavo due biberon di latte, due bottigliette di acqua e una di teuccio. Ero preoccupata, avevo paura di molte cose, che riuscisse a bere il latte. Pensavo bastasse“. Alessia Pifferi si è detta convinta che quanto lasciato vicino al lettino della figlia “bastasse” per il suo sostentamento in sua assenza: “Quando rientravo di solito era tranquilla che giocava con i suoi giochini nel lettino. La lavavo, la cambiavo e le davo la pappa – ha detto, riporta Ansa, ricostruendo gli episodi precedenti a quello in cui la piccola sarebbe morta. La accudivo come una mamma accudisce normalmente un figlio. Le davo da mangiare, la lavavo e la cambiavo. Cose normali. Se stava male contattavo l’ospedale. La crescevo“. “Io le chiedo gentilmente di non sgridarmi per favore – ha poi risposto al pm che le chiedeva se fosse consapevole delle conseguenze per una bimba lasciata senza cibo né acqua –, pensavo che quel biberon che le avevo lasciato bastasse“.