DA CATANIA – La rappresentazione plastica e involontaria della giustizia italiana, quello che è accaduto all’interno del Tribunale di Catania in un sabato che non sembra essere un giorni qualunque, cadendo il 3 ottobre, nell’anniversario del più grande naufragio di migranti avvenuto nel Mediterraneo, di fronte a Lampedusa nel 2013.



Una rappresentazione plastica non solo perché imputato era l’ex ministro degli Interni Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona nei confronti dei migranti che non fece sbarcare dalla nave Gregoretti. Non solo perché una balaustra di marmo è crollata in aula sulla caviglia dell’avvocato Bongiorno costretta a uscire in sedia a rotelle dal tribunale, quasi a simboleggiare lo stato fatiscente della giustizia e il danno ormai arrecato quotidianamente ad un avvocato difensore che nell’immaginario collettivo è diventato parte integrante della colpa (vera o presunta) attribuita a chi difende.



Una rappresentazione plastica anche perché, per assurdo, la pubblica accusa non era rappresentata dal pm che ha chiesto il non luogo a procedere, ma da Legambiente, associazione ambientalista accolta come parte civile.

Sembra incredibile a dirsi ma è così che è andata. Nel processo a carico di Matteo Salvini per il caso Gregoretti è stata accettata la richiesta di costituzione di parte civile di Legambiente nazionale e Legambiente Sicilia. L’associazione, quindi, con l’avvocato Daniela Ciancimino, co-presidente nazionale dei Centri di azione giuridica di Legambiente, sarà presente alle prossime udienze.



Dunque, considerato che il pm ha chiesto il non luogo a procedere, è Legambiente a sostenere l’accusa nei confronti di Salvini. Il processo prende il via dopo l’esposto presentato alla Procura di Siracusa dall’associazione ambientalista che nel luglio 2019 aveva denunciato Salvini per sequestro di persona.

E a spiegare la ratio sono proprio gli uomini di Legambiente: “La nostra costituzione di parte civile – dicono Stefano Ciafani e Gianfranco Zanna, rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente – è un fatto importante perché viene riconosciuto il nostro impegno contro ogni ingiustizia promovendo un’ecologia umana legata alla centralità delle persone e alla tutela dell’ambiente”.

Non c’è molto di più da aggiungere. Per la Procura di Catania, la stessa che ha indagato per prima sulle Ong fermandosi di fronte al fatto che il diritto internazionale ha negato l’accesso alle prove ed agli accertamenti e la competenza territoriale e giurisdizionale, non ci sono gli estremi per parlare di reato. Ma la piazza vuole crocifiggere i “razzisti” e in piazza c’erano anche le bandiere del Pd, oltre che degli antagonisti e dei centri sociali non dichiarati come tali.

Poi c’è il “palazzaccio” di Catania, dove alle posizione della Procura si contrappongono quelle del Tribunale dei ministri. Anche se, e questo è normale, un giudice terzo la pensa in maniera diversa da una pubblica accusa, in questo caso le differenze sembrano evidenti sul piano del diritto e non solo del libero pensiero “politico”.

Ci sono, poi, procure schierate in Sicilia su posizione simili a quelle dei giudicanti di Catania (vedasi la procura di Agrigento retta da Patronaggio) e procure indecise (vedasi Palermo, che sembra seguire più l’onda che il pensiero).

E allora, se a Catania la Procura non la si convince, c’è la parte civile che esercita, legittimamente, il suo ruolo accusatorio in nome di una “ecologia umana”.

Ma se la piazza protesta con insulti al limite del rischio di tafferugli, quella virtuale di twitter, invece, si schiera diversamente e l’hashtag #iostoconsalvini diventa top trend a fine mattina di sabato.

Chi ha ragione e chi ha torto? Difficile dirlo, difficile schierarsi e in fondo anche poco corretto. Ai giornali il compito di raccontare. Ma raccontare tutto quel che avviene, non solo quello che fa il paio col pensiero comodo di oggi.