Dichiarazioni spontanee di Matteo Salvini nella nuova udienza per il caso Open Arms al tribunale di Palermo prima di essere interrogato dalle parti. «Tutelavo la sicurezza nazionale», ha dichiarato il vicepremier, che ha citato «almeno tre episodi delittuosi in Francia, Germania e Belgio» che a detta sua «sono imputabili a persone sbarcate a Lampedusa». Il leader della Lega, imputato nel processo per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver negato lo sbarco a 147 migranti soccorsi dalla ong nell’agosto 2019, ha precisato di non aver mai negato lo sbarco quando sono state documentate situazioni sanitarie d’emergenza. Nella fattispecie, è stato anzi «rassicurato» dai rapporti dell’Usmaf sull’assenza di emergenze. In ogni caso, se fossero emerse situazioni d’emergenza, secondo Salvini «lo sbarco poteva essere disposto, anche in assenza di assegnazione di Pos, da altre autorità, come è avvenuto ad esempio nel caso della Mare Ionio». Alla domanda se fosse stato a conoscenza del fatto che alcuni migranti si fossero buttati in mare, l’attuale ministro dei Trasporti, che all’epoca dei fatti era titolare del dicastero degli Interni, ha chiarito che «non era la prima volta».
La situazione della Open Arms per Salvini era «sotto controllo, non c’erano emergenze a bordo, da Piantedosi (all’epoca capo gabinetto del ministero da lui guidato, ndr) ricevevo rassicurazioni. Noi non ci siamo opposti quando c’erano situazioni sanitarie allarmanti. Ero continuamente rassicurato sulle condizioni a bordo». Inoltre, ha aggiunto di aver preso in considerazione la possibilità di violazioni delle leggi sul soccorso in mare: «Fu una valutazione che facemmo e stabilimmo che era stato fatto tutto secondo le convenzioni internazionali». Salvini si è soffermato anche sul modus operandi tenuto dal governo che era guidato da Giuseppe Conte: «La modalità operativa condivisa per un anno dal governo Conte era sempre stata la stessa: prima dello sbarco doveva esserci la garanzia di una equa redistribuzione e il coinvolgimento delle istituzioni europee. Prima la redistribuzione e poi lo sbarco, era questa la modalità operativa».
SALVINI “DECISIONI SU MIGRANTI CONDIVISE CON CONTE, TRANNE SU OPEN ARMS”
Matteo Salvini ha ammesso di essersi riletto centinaia di pagine visto che la vicenda non poteva essere fresca nella sua memoria dopo 4 anni e mezzo. «Ho ricostruito quello che mi pare fosse un percorso operativo e politico chiaro con la gestione uguale, prima, durante e dopo». Infatti, ha citato dichiarazioni e post di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, soffermandosi anche sulle ragioni, tutte politiche, che lo spinsero a non concedere il place of safety (Pos), cioè il porto di sicurezza dove sbarcare in Italia. «Il presidente Conte ha accompagnato tutte le scelte in termine di politica migratoria tranne quella di Open Arms» col resto del governo. Salvini ha insistito sul fatto che non consentire lo sbarco prima di aver raggiunto l’accordo con altri Paesi europei sulla redistribuzione era «una sorte di pressione» sull’Europa, infatti grazie a quell’operato «finalmente l’Europa è diventata solidale». In quel momento le trattative con i Paesi europei sulla redistribuzione dei migranti erano in fase avanzata, proprio per quello «avremmo comunque dato l’indicazione del porto sicuro di lì a poco», nonostante il 20 agosto 2019 ci fu lo sbarco di migranti su decisione della procura di Agrigento.
«Se non fosse intervenuta l’autorità giudiziaria, l’avremmo fatto noi», ha spiegato il vicepremier. «Noi stavamo lavorando», ha proseguito Salvini. Infatti, il giorno dopo la decisione della procura, «ci dissero in Europa che avremmo avuto tutto il supporto possibile. Cioè il processo per la redistribuzione era in corso. Non era però facilissimo perché eravamo al 20 agosto e a Bruxelles non c’era il clima operativo che c’era a febbraio». Ma il vicepremier ha spiegato anche come il clima politico fosse cambiato del tutto. «Le comunicazioni con Conte erano state tutte tramite telefono, poi il 14 agosto il presidente iniziò una comunicazione epistolare, noi rispondiamo il 17 perché è chiaro che questo comportamento epistolare rappresenta una sfiducia politica figlia di una crisi politica che in quel ferragosto aveva i presupposti per la nascita del governo successivo».