Continua in quel di Avignone il processo Pelicot che vede da un lato la 72enne Gisele Pelicot accusare il marito – il 71enne Dominique – si averla sedata e “venduta” (ma parrebbe senza reali scambi di natura economica) ad una 50ina di uomini che più o meno ignari della sua condizione avrebbero abusato più e più volte di lei: si parla di almeno 200 presunte violenze operata da un 80ina di uomini differenti, dei quali 30 risultano irreperibile e non compariranno alla sbarra.
Tralasciando il processo Pelicot vero e proprio, è interessante soffermarci sulla figura di Nadia El Bouroumi che nel dibattimento legale rappresenta la difesa di due tra i 50 uomini imputati (tali Jean-Marc e Omar, i cui cognomi non sono stati ovviamente resi pubblici) e che starebbe generando un vero e proprio putiferio mediatico attorno alla sua figura: non si tratterebbe – come spesso accade nei processi così delicati – di una legale particolarmente ‘agguerrita’ che fa discutere per le sue strategie, quanto piuttosto di una aspirante star dei social, quasi un’influencer.
Sui suoi profili Instagram e TikTok – infatti – Nadia El Bouroumi è solita condividere storie, post e video in cui commenta (più o meno esplicitamente) il processo e le udienze con i suoi circa 50mila follower, il tutto – e questo è l’aspetto che starebbe facendo infuriare i colleghi e la parte lesa del processo, ovvero Gisele Pelicot – corredato dalle più popolari tra le canzoni pop contemporanee; senza dimenticare i frequenti rimandi filosofici a temi come il concesso di giustizia e giudizio.
Processo Pelicot: la figura di Nadia El Bouroumi, le critiche, le minacce di morte e la contro-denuncia
Di fatto è bene sottolineare che Nadia El Bouroumi in nessuno dei suoi post social offende, sminuisce o tira direttamente in ballo l’accusa e la vittima del processo Pelicot, ma d’altra parte la sua comunicazione social frivola – definita “un triste umorismo” dal quotidiano Le Monde – ha creato non pochi malumori specialmente tra i media francesi e nell’opinione pubblica: il tutto è (com’era facilmente immaginabile) degenerato e sulla legale sono piombate parecchie critiche che si sono spinte anche alla vere e proprie minacce di morte da chi l’accusa di star infangando il nome della vittima.
A dirlo – ma senza arrivare alle minacce di morte – è uno dei colleghi di Nadia El Bouroumi che ha sottolineato che il suo atteggiamento starebbe addirittura danneggiando l’intera “immagine dell’avvocatura”; mentre un altro collega – tale Jean-Pierre Ribaut-Pasqualini – sull’ex Twitter ha criticato la sua “totale mancanza di tatto e deontologia” nel commentare pubblicare il processo Pelicot senza alcun tipo di filtro o rispetto per la vittima che si è trovata al centro di una pesantissima accusa contro 50 uomini, talvolta influenti e ‘rinomati’ nell’area avignonese.
Dal conto suo la legale ha più volte difeso la sua – verrebbe da dire imprescindibile – libertà di espressione pubblicando inizialmente l’ennesimo video in cui tra musichette (singolare la scelta del pezzo “Wake me up before you go go“, da molti visto come un rimando al processo in corso e allo stato dormiente della vittima) e balletti ha accusato gli odiatori social di volerla “imbavagliare”; mentre in riferimento a chi l’ha minacciata di morte ha già provveduto a sporgere denuncia per molestia.