LE RICHIESTE DI CONDANNA DEL PM DIDDI SUL PROCESSO IN VATICANO
Come preannunciato negli scorsi giorni, sono giunte oggi presso il Tribunale della Santa Sede le richieste di condanna del promotore di giustizia Alessandro Diddi per i 10 imputati del processo in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Complessivamente sono 73 anni e un mese le richieste di reclusione con pene interdittive e pecuniarie di vario tipo avanzate dal “pm” vaticano.
In particolare, è di 7 anni e 3 mesi la richiesta di condanna scattata da Diddi contro il cardinale Angelo Becciu, accusato di una malsana gestione dei fondi del Vaticano in merito a diverse attività tra cui la compravendita di un palazzo a Londra in Sloane Avenue. Dopo le ultime requisitorie in cui Becciu viene considerato il “regista” del sistema di malaffare interno alla Curia, oggi la richiesta di condanna molto dura rivolta all’prefetto emerito della Congregazione dei Santi.
LE ACCUSE AL CARDINAL BECCIU SUL PALAZZO DI LONDRA E NON SOLO
Dopo oltre 60 udienze, il processo in Vaticano vede la netta richiesta di condanna formulata oggi dal promotore Diddi: «La strategia del cardinale Angelo Becciu è che bisogna interferire con le indagini, non interagire con i magistrati. Questo è stato il suo modus operandi, sempre, da subito fino ad oggi», ha detto in aula il pm dell’accusa, aggiungendo come da parte del cardinale «c’è stata pervicacia nell’utilizzare anche la leva mediatica come una specie di clava per delegittimare la figura e l’operato del promotore di giustizia. I magistrati restano il principale obiettivo della strategia difensiva del cardinal Becciu».
In una lunga controreplica già ieri Becciu aveva ribattuto alle durissime parole di Diddi al processo, parlando di essere stato «sfregiato come uomo e come prete dal promotore», professandosi innocente e «senza mai aver rubato nulla». Di contro invece l’accusa punta tutto sui materiali emersi in fase processuale: «Sono amareggiato per il livello a cui il cardinale ha potuto abbassare questo processo, senza il minimo gesto leale nei nostri confronti». Becciu resta imputato per peculato in relazione alle vicende di Cecilia Marogna e della cooperativa Spes gestita dal fratello Antonino Becciu: «la donna era stata accreditata in Segreteria di Stato come “analista geopolitica” senza averne alcun titolo, grazie solo all’amicizia con Becciu. Una vicenda patetica, un’autentica patacca». Non solo, chiarisce Diddi, 575 mila euro «versati alla donna dai conti Ior della Segreteria di Stato, finiti in spese personali e voluttuarie erano soldi che dovevano destinati alla carità e inviati alla donna per finalità umanitarie». Netta la replica ancora di Becciu alle accuse del promotore: «Respingo con sdegno e ribrezzo le frasi insinuanti e offensive sulla mia vita sacerdotale e di servitore del Papa! Non può un uomo che si vanta di operare a nome del Papa cadere in simili bassezze». Secondo i legali del cardinale, intervenuti sempre al processo in Vaticano, «Abbiamo assistito a un susseguirsi di suggestioni che poco ha a che fare con la ricerca della verità ed il bilancio delle prove, teoremi lontani dalla realtà dei fatti e da quanto dimostrato – hanno aggiunto gli avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo -. Siamo certi che i toni, i modi, il linguaggio di questo promotore di giustizia non siano condivisi nella Santa Sede, che le espressioni ripugnanti utilizzate dal professor Diddi non possano trovare approvazione da parte di Papa Francesco e di sua eminenza il cardinale di Stato Pietro Parolin. Il cardinale è innocente, lo abbiamo dimostrato e non è alzando i toni e usando epiteti offensivi che si può cambiare la realtà».