In occasione delle recenti elezioni regionali in Francia, stampa e televisioni hanno documentato, al di là di ogni ragionevole dubbio, il flop complessivo della politica di Macron: in politica estera e in politica interna, soprattutto sul piano della gestione delle questioni legate al lavoro e alla salute. Eppure Macron, visibilmente contestato dalla sua stessa maggioranza, non esita a imporre alla popolazione francese quella che è stata una delle sue promesse elettorali più stravaganti, come se tentasse in extremis un recupero di popolarità e di consensi: l’estensione a carico del Ssn della Pma, senza eccezioni di sorta.



Dopo due anni di discussioni e dibattiti alla fine di giugno è stata approvata dall’Assemblea nazionale la proposta di legge sulla bioetica, ribattezzata “Pma per tutte”, con 326 voti a favore, 115 contrari e 42 astenuti. La nuova legge apre questa possibilità a tutte le donne, ma pone una serie di vincoli, come l’età massima di 43 anni, colloqui previ con medici e psicologi, seguiti da un tempo di riflessione di alcuni mesi prima di poter accedere alla fecondazione medicalmente assistita. La legge ha avuto un iter molto tortuoso in parlamento e ha suscitato nel Paese forti preoccupazioni e vistose manifestazioni di dissenso. La Chiesa francese, a cominciare dall’Arcivescovo di Parigi, Mons. Michel Aupetit, e da tutta la Conferenza episcopale francese, si è opposta a questa norma, che priva il bambino fin dall’inizio della sua vita della figura paterna e altera le dinamiche familiari, con una evidente sbilanciamento delle relazioni intra ed extra-familiari.



Ancora una volta il desiderio di avere un figlio in una coppia omosessuale o in una persona single si converte in un diritto, che non riconosce vincoli ed ostacoli neppure davanti ai diritti stessi del bambino. Ma la legge, invece di tutelare i diritti di tutti e cercare un giusto punto di equilibrio, si schiera dalla parte del più forte, dalla parte di chi c’è già e pretende di imporre la sua volontà, ignorando l’obbligo di tutelare la persona più fragile, che viene proiettata in un orizzonte sbilanciato di relazioni familiari.

Alcune questioni legate alla formulazione della legge

In Francia nel 2018, secondo Le Monde, i bambini nati con la Pma rappresentavano il 3,4% delle nascite e, secondo una indagine del 2020 pubblicata sul quotidiano cattolico La Croix, le donne single o le coppie lesbiche che andavano in Belgio o in Spagna per la Pma erano circa 2.400 l’anno. Con l’approvazione della legge anche loro potranno ricorrere alla Pma in Francia e i costi saranno tutti a carico della sanità pubblica. Mentre una donna single può beneficiare della Pma con un donatore terzo, richiedendo una donazione di sperma, le coppie lesbiche possono chiedere la donazione di sperma, attualmente riservata alle sole coppie eterosessuali infertili, consegnando prima dell’inizio della Pma un documento in cui si richiede un riconoscimento congiunto precoce del nascituro. Concretamente le coppie lesbiche, già durante la gravidanza, potranno fare una dichiarazione davanti al notaio, perché entrambe possano essere riconosciute come madri del nascituro. Fino ad ora secondo la legge del 2013 denominata “matrimonio per tutti”, la compagna della donna che aveva partorito poteva fare richiesta di adozione del bambino solo dopo la sua nascita, seguendo un percorso giuridico lungo che non sempre arrivava a buon fine.



È evidente come questa nuova legge tenda ad escludere i padri dalla relazione di genitorialità, privando il bambino di una dimensione essenziale della sua vita, sia sul piano affettivo che formativo, e non a caso a Parigi sono scese in piazza circa 26mila persone per esprimere il loro dissenso, protestando con voce univoca contro questa “Pma sans pére” (Pma senza papà). Il motto più amato dai manifestanti è stato: “Liberté, Egalité, Paternité“.

Alcune modifiche dalla nuova legge riguardano l’autoconservazione degli ovociti, attualmente permessa per motivi medici e a determinate condizioni; la riforma prevede che una donna o un uomo possano ricorrere alla conservazione dei propri gameti per effettuare la Pma successivamente; il costo dell’autoconservazione è a proprio carico; elemento interessante della nuova legge riguarda privacy e dati personali, dal momento che i bambini nati da donazione di gamete possono accedere, una volta maggiorenni, alle informazioni riguardanti l’identità del donatore. E quindi, chi effettua una donazione deve accettare che la sua identità venga rivelata al bambino quando sarà maggiorenne, mentre prima la donazione era soggetta al principio dell’anonimato. Ci sono novità anche per le coppie in cui entrambi hanno problemi di fertilità, dal momento che la nuova legge consente il concepimento di un embrione con gameti, e femmina, derivati esclusivamente dalla donazione, per cui si avrebbe la donazione di gameti.

La nuova legge invece non consente la possibilità di Pma post-mortem, diagnosi pre-impianto e le donazioni dirette di gameti. Tra i divieti invariati quelli relativi alla maternità surrogata, alla selezione dei donatori in caso di Pma, mentre resta l’autorizzazione relativa all’autoconservazione e l’adozione degli embrioni.

In conclusione

Anche per noi in Italia è di enorme interesse guardare la nuova legge di bioetica, appena approvata in Francia, alla luce di una serie di temi e problemi che ci riguardano molto direttamente. Per esempio, non è difficile immaginare che una coppia omosessuale femminile possa pretendere in base al principio di non discriminazione così come è espresso dal ddl Zan almeno due cose:

a) avere accesso alla Pma a carico dello Stato e poter riconoscere lo status del bambino come figlio di entrambe prima ancora che nasca;

b) escludere la figura paterna in radice, salvo poi consentire al figlio di risalire a quel padre mancato che ha contribuito alla sua nascita attraverso la donazione del suo sperma, che è come dire di gran parte del suo patrimonio genetico.

D’altra parte in Italia la legge sulle Unioni civili fu approvata cinque anni fa con i voti di un’ampia parte del Parlamento proprio perché non prevedeva la stepchild adoption, che nella legge francese è garantita per altro totalmente a carico dello Stato.

Protestare oggi davanti ad eventuali richieste in tal senso può apparire una forma di discriminazione passibile di pene come previsto dalla legge Zan? E quanti protestano contro una Pma senza padre stanno denunciando una discriminazione o stanno discriminando loro stessi le donne perché non possono avere accesso ad un presunto diritto quale quello della maternità? Tutto ciò può essere interpretato come una violenza psicologica? Se sì, ai danni di chi, delle madri, dei padri o dei bambini?

Fatte salve tutte le riserve su questa legge, è urgente prepararsi a rispondere a queste provocazioni, a livello etico, giuridico, antropologico e culturale, perché non c’è dubbio che prima o poi arriveranno anche in Italia; e ciò che oggi sembra escluso a priori domani sarà rivendicato come un diritto, ed è quindi proprio sul tema dei diritti che dobbiamo tornare a interrogarci.

I nuovi diritti non possono cancellare i vecchi diritti, spostandoli in aree sempre più remote e facendoli apparire come del tutto sorpassati. Apriamo il dibattito in tutti gli ambiti della società civile, prima che il Parlamento si veda incalzato a decidere in un determinato senso: quello del pensiero unico, il solo che sembra potersi auto definire liberale e progressista, con tutta l’ironia del caso, ma anche la grande preoccupazione che questo sovvertimento della legge naturale e dei valori legati comporta.

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