Una scelta di “discontinuità” voluta: è questo il senso della nomina a procuratore di Milano del Pg di Firenze, Marcello Viola, votato dal plenum del Csm con 13 voti favorevoli, mentre 6 sono andati al procuratore aggiunto di Milano, Maurizio Romanelli, e 3 al procuratore di Bologna, Giuseppe Amato. “È la sconfitta definitiva di Magistratura democratica” ci ha detto in questa intervista Frank Cimini, giornalista già al Manifesto, Mattino, Apcom, Tmnews e attualmente autore del blog giustiziami.it, “che ha sostenuto il loro rappresentante Romanelli”.
La fine di un ciclo, insomma, che lascia a Viola, dice ancora Cimini, “un cumulo di macerie e una faida interna che ha distrutto la procura più importante d’Italia”. Ora lo aspetta un compito difficile, ma almeno siamo davanti a un tentativo di svolta dopo anni di “gestione personalistica, di favori, di indagini svolte male o addirittura non svolte, che hanno portato la Procura di Milano a perdere un’infinità di processi”.
È arrivato a Milano il cosiddetto “papa nero”, che in tanti speravano arrivasse per interrompere una discesa, quella della Procura, che sembrava inarrestabile. È così?
Bisogna dire che la nomina di Viola è comunque un passaggio obbligato per un problema tecnico-giuridico. Romanelli non poteva essere comunque scelto, perché vanta molti meno titoli rispetto a Viola, quindi sarebbe stato presentato ricorso e ci sarebbe stato l’ennesimo caso in cui Tar e Consiglio di Stato arrivano a censurare il Csm. Insomma, la nomina di Romanelli sarebbe stata annullata.
È anche questo un segnale positivo?
Negli altri Paesi europei la giustizia amministrativa mai prevale sui consigli giudiziari, in Italia invece le regole sono queste. Il Csm ha dimostrato di fare quello che vuole troppe volte, senza alcun rispetto delle regole. Inoltre c’era bisogno di discontinuità con le precedenti procure.
Magistratura democratica come ne esce?
È la grande sconfitta, la nomina di Viola rappresenta la sua fine.
Viola appartiene a Magistratura indipendente: una corrente moderata tendente a destra?
Sì, ma dal punto di vista professionale resta comunque il più titolato: per anni ha lavorato in Sicilia contro la mafia. Inoltre era stato vittima innocente della questione della Procura di Roma, dove era uno dei candidati più in vista, ma venne fatto fuori perché incastrato nel caso Palamara senza che lui ne fosse assolutamente coinvolto. Era dunque già stato defraudato di un incarico. Lo dovevano in qualche modo risarcire, perché non si può pagare a vita per vicende in cui non si hanno responsabilità.
Sarà in grado Viola di cambiare l’attuale situazione della Procura di Milano?
Questa è una domanda da cento miliardi di dollari, nessuno lo sa. Io penso che difficilmente riuscirà a fare peggio di chi lo ha preceduto, visto che hanno ridotto allo sbando un intero ufficio. Ci sono enormi problemi, c’è stato un cerchio magico che ha goduto di enormi privilegi, come l’esenzione dai turni, così che una mole enorme di lavoro finiva per riversarsi su una parte della procura e non su tutti. Questo ha portato a un lavoro meno qualificato: a Milano siamo al 40% di assoluzioni. Come ha ammesso un pm, lo sanno tutti che molti casi li segue la polizia giudiziaria, perché i magistrati non hanno tempo di metterci le mani, poi si va in tribunale e si perde.
Salterà qualche testa?
Secondo me sì. Viola deve riorganizzare l’ufficio, bisogna capire che fine farà il dibattimento sui reati transnazionali, il processo Eni. Dovrà distribuire i carichi di lavoro secondo princìpi di maggiore equità. Sarà un lavoro complesso, perché la situazione si è troppo deteriorata. Basti ricordare le polemiche tra Riccardo Targetti e Fabio De Pasquale con accoltellamenti espliciti e la minaccia di andare per vie legali. Ci sono pm ancora indagati a Brescia, altri sotto procedimento disciplinare che rischiano il trasferimento. Anche il Csm dovrà dargli una mano, non può continuare a far finta di niente solo perché è la Procura di Milano.
Ci saranno conflitti con altre procure?
C’è il problema dell’inchiesta sul complotto contro la procura stessa di Milano, il cosiddetto falso complotto Eni. Anni fa avevo chiesto se si ipotizza un complotto per depistaggio contro i pm di Milano: come si fa a tenere una inchiesta del genere proprio a Milano? Mi fu risposto che potevano farlo. Anni dopo Carlo Ottoni De Marchi si è dichiarato non competente e annunciò che l’inchiesta andava trasferita a Brescia. La Procura di Milano non può indagare a sua tutela o su se stessa come parte lesa. È assurdo.
Questo è un quadro che ben conoscevamo. E adesso? Bisogna tifare per Viola?
È un quadro dove non sarà facile intervenire. Il problema è che Viola trova una quantità enorme di macerie. A Milano adesso inchieste nuove non ce ne sono. Le poche in corso sono quelle che si fanno sui mitici colletti bianchi, tutti processi in cui la procura ha perso. Ha perso due processi Eni, ha perso quello contro l’ex sindaco di Lodi, finendo per creare dei martiri. Hanno perso i processi perché le indagini sono state condotte male, non perché gli accusati fossero necessariamente innocenti. Ma se fanno male le indagini, è giusto che gli indagati siano assolti: senza prove non si condanna neanche un assassino.
(Paolo Vites)
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