IMPUGNATI 33 ATTI DI NASCITA DI FIGLI CON DUE MAMME: COSA HA DECISO IL TRIBUNALE DI PADOVA
«È contro la legge essere figli di due donne in Italia»: la decisione della Procura di Padova divide la politica e il diritto dopo lo stop a 33 atti di nascita di figli con due mamme. Prima però dei commenti occorre sapere i fatti per non entrare in un turbinio di “isterie” da sinistra e da destra sul tema sempre delicatissimo dell’utero in affitto (o “gestazione per altri” nel linguaggio politicamente corretto, ndr).
L’ufficio giudiziario della Procura di Padova ha impugnato per illegalità l’atto di nascita di una bambina con due mamme registrato nell’agosto 2017 dal Comune, per precisa volontà del sindaco ancora in carica Sergio Giordani (Pd): quell’atto puntava a riconoscere i figli delle coppie omogenitoriali dando gli stessi diritti degli altri. A breve le raccomandate con l’atto di impugnazione arriveranno non solo a questo primo nucleo familiare ma anche alle altre 32 coppie di donne conviventi che dal 2017 ad oggi hanno visto registrare in Comune l’atto di nascita del figlio nato biologicamente da una delle due donne. L’atto della Procura segue la direttiva del Viminale dello scorso marzo che ribadisce come sia contro la legge la registrazione dei figli con il cognome di entrambe le donne: con questo decreto, di fatto, il Tribunale di Padova “cancella” il “genitore 2” dallo stato di famiglia.
LA POSIZIONE DELLA PROCURA DI PADOVA E L’ITER AVVIATO SULLE COPPIE ARCOBALENO
«Sono casi uguali, non c’è nessun motivo per differenziare. Le notifiche dell’impugnazione arriveranno a tutte le 33 coppie»: così ha spiegato all’ANSA Valeria Sanzari, la Procuratrice di Padova facente funzioni, «Io sono tenuta a far rispettare la legge e con l’attuale normativa non posso fare altro». La Procura di Padova punta sul dato presente nel diritto italiano per cui «non esiste la seconda mamma» e neppure la possibilità per la donna di assegnare al figlio biologico il cognome della propria compagna.
Il Tribunale veneto, definendo «illegittima l’indicazione nell’atto di nascita della mamma non biologica quale secondo genitore», di fatto chiede la “cancellazione” del nome di quest’ultima e la successiva “rettifica” del doppio cognome attribuito con essa alla bambina. «Non si tratta solo di ripercussioni sulla vita sociale, ma di ripercussioni sulla propria identità, fino a prova contraria un diritto fondamentale. Un trauma personale in una fase delicata dello sviluppo, per il fatto di non avere più un fratello e una mamma», così reagisce la madre della bimba da cui è nato il “caso Padova”. «Mi chiedo – ha poi concluso – come possa un Tribunale di uno Stato che professa come priorità la tutela dei minori, escludere che una bambina di 6 anni, iscritta alla scuola primaria, possa accusare un cambio di cognome, un fratello e una mamma che nella forma smettono di essere famiglia». Quello di Padova non è ovviamente il primo caso: dopo l’indicazione di orientamento sul tema dei figli nati da coppie LGBT voluto dal Governo Meloni, sono emersi in varie regioni d’Italia – da Milano a Roma fino in Veneto – diversi casi di registrazioni impugnate e contestate. Il tema è certamente politico in seconda battuta ma di diritto/legge in realtà come origine: il Viminale e la Procura agiscono per seguire già due pronunciamenti della Cassazione che definisce illegittimo un atto di nascita registrato con due mamme
PROCURA PADOVA “SPACCA” LA POLITICA: LE REAZIONI SULLO STOP AGLI ATTI DI NASCITA “ARCOBALENO”
«C’è un vuoto legislativo gravissimo rispetto al quale il Parlamento dovrebbe legiferare ma fino ad ora non lo ha fatto, lo hanno chiesto a gran voce molto colleghi sindaci anche di parti politiche diverse»»: così la prima reazione del sindaco di Padova Giordani alla notizia dello stop alla registrazione degli atti di nascita per figli di due mamme omosessuali. «Sono sereno e convinto delle scelte fatte. Dal 2017 trascrivo gli atti di nascita delle bambine e dei bambini figli di due mamme. È un atto di responsabilità, non accetto il pensiero che ci siano bambini di serie A e bambini di serie B discriminati fin da subito nei loro fondamentali diritti», ha poi aggiunto il primo cittadino a cui è giunto l’abbraccio della segretaria Pd Elly Schlein.
Durissima la posizione del responsabile “Diritto” nel Partito Democratico, Alessandro Zan: «La decisione della procura di #Padova di impugnare 33 atti di nascita dal 2017 di bambini con due mamme è crudele e disumana, diretta conseguenza della politica persecutoria del governo contro le famiglie arcobaleno. Questi bambini rimarranno orfani di una madre per decreto». Secondo i leader di PiùEuropa Emma Bonino e Riccardo Magi, «Trentatre atti di nascita, dal 2017 a oggi, impugnati dalla Procura di Padova. Non 33 pezzi di carta, ma 33 bambini, esseri umani. E uno è stato già annullato. Ecco cosa produce l’omofobia di Stato di questo governo e di un ministro come Piantedosi che passa sopra i corpi e i sentimenti dei bambini e delle loro famiglie per imporre un unico modello di famiglia». Contrari alla decisione della Procura di Padova anche il M5s con Chiara Appendino e ancora il Pd con Chiara Braga. Prosegue intanto l’iter in Parlamento della proposta di legge sul reato universale dell’utero in affitto, anche dopo le proteste di associazioni “arcobaleno” e partiti di Centrosinistra: la maggioranza, con Fratelli d’Italia in testa, continua a difendere il provvedimento. «Si tratta di estendere la punibilità di una condotta commessa all’estero che è già considerata reato nel nostro ordinamento», spiega la relatrice Carolina Varchi, meloniana, «sulla assoluta pericolosità di questa condotta nei confronti delle donne e nei confronti delle relazioni sociali la nostra Corte costituzionale ha chiarito in più di una circostanza». Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, raggiunto da Rtl 102.5, ha sottolineato come «La Procura di Padova ha agito bene, in Italia il matrimonio è soltanto quello tra uomo e donna, i sindaci non sono al di sopra della legge».
Come ha spiegato la già senatrice Paola Binetti in esclusiva per il “Sussidiario.net” lo scorso aprile, quando esplose il caso della Procura di Padova per la prima volta, «Sono stati identificati 33 bambini, registrati con una pratica contra legem rispetto all’assetto normativo attuale, ma, ciò nonostante, diventata prassi in diversi comuni, come forma di disobbedienza civile giustificata dalla tutela dei diritti dei bambini». Il tema resta delicato, chiarisce l’esponente Udc, «Il quesito da affrontare allora richiede di verificare se davvero i diritti dei bambini nati in famiglie arcobaleno sarebbero compromessi da una mancata trascrizione automatica della loro nascita nei registri dell’anagrafe e valutare d’altra parte tutti i rischi connessi con la diffusione della disobbedienza civile. L’alternativa, nel primo caso, come è noto è quella di ricorrere alla stepchild adoption, sottoponendola al giudizio di un magistrato. Nel secondo caso l’alternativa è quella di una diffusione della illegalità, che potrebbe diventare sempre più difficile da controllare e soprattutto apparirebbe legittimata dalla illustre posizione dei trasgressori istituzionali».