“Isolarsi in Europa si paga sempre, prima o poi. Perché poi gli altri si accordano da soli e lo fanno nel loro interesse”: a dirlo è Romano Prodi sulle pagine della Stampa. Per l’ex primo ministro “l’Unione Europea così com’è non funziona più; insistere con il criterio dell’unanimità condanna alla paralisi e all’irrilevanza che stiamo sperimentando nel dialogo politico ed economico”. Ospite del Collegio Carlo Alberto di Torino, a margine dell’evento parla – con il quotidiano – dell’Italia tagliata fuori dalle trattative sul Patto di Stabilità che vedono l’asse franco-tedesco sempre più saldo con l’esclusione dell’Italia.



“Non entro nei tecnicismi sulle richieste del governo italiano, quella è materia di un negoziato che mi auguro si concluda positivamente. Ma guai a rimanere da soli o il conto prima o poi arriva” spiega il politico. Secondo Prodi “l’Italia non è mai stata una forza trainante e innovativa in Europa, ma ha sempre tratto grandi vantaggi dalla sua capacità di mediazione, da un ruolo di collante decisivo per far marciare l’Unione. E così deve continuare a fare. L’alternativa non c’è: se va da sola, l’Italia non ha alcuna possibilità di ottenere qualcosa di buono” aggiunge.



Prodi: “Riarmo della Germania? Conseguenze politiche sono inevitabili”

Mentre Giorgia Meloni evoca di nuovo il veto italiano sulla riforma, i ministri dell’economia tedesco e francese si siedono soli al tavolo delle trattative per parlare del Patto di Stabilità. Un’Europa spezzata e un negoziato in cui l’Italia non è al centro. Una situazione che non piace affatto a Romano Prodi, come racconta a La Stampa. “Non ho mai visto uno che non accetta di fare una scommessa quando è sicuro di vincere. Con il Mes, l’Italia ha solamente da guadagnare. Che cosa facciamo, dispetti o ricatti? Non è il modo né il momento”. Oggi, infatti, “l’Europa semplicemente non è presente ai tavoli che contano”.



A dimostrarlo è la questione della guerra in Ucraina, per la quale “hanno avanzato proposte perfino la Turchia sul grano e l’Arabia Saudita sull’energia. L’Europa non si è mai sentita e non ha nemmeno provato ad avere un ruolo attivo. È morta sotto il peso dell’obbligo di decidere all’unanimità. L’unico passo significativo compiuto negli ultimi decenni è stato l’introduzione dell’Euro: e infatti in quel caso si andò avanti a maggioranza qualificata, con soli dodici Paesi, e gli altri sono arrivati dopo”. Nello scenario attuale, stiamo sottovalutando, a suo dire, il riarmo della Germania: “Non tempo i tedeschi e ne ho la massima stima, sia chiaro. Ma se stanziano 100 miliardi di euro e le loro spese miliari arrivano a doppiare quelle francesi, le conseguenze politiche sono inevitabili. Tocca alla Francia decidere di mettersi al servizio dell’Europa. Ha il nucleare e il diritto di veto all’Onu: li offra all’Unione europea”.