Sì, c’è un nuovo termine – demoburocrazia – che sta ad indicare da un lato lo slancio pressoché unanime del popolo a sostegno della libertà e della democrazia in Ucraina, e dall’altro la guerra mai finita contro la burocrazia, un male necessario anche in uno stato democratico, purché non faccia troppo male.



Ad esempio, ci sono giovani adolescenti, minorenni ancora per qualche mese, affidati in una città martoriata dai bombardamenti a un’illustre cattedratica della facoltà di medicina dai loro genitori perché li porti in salvo.

Dopo un viaggio estenuante e pericoloso, dai confini con la Russia fino all’Italia, vengono ospitati da un sacerdote. Costui non ha scelto i suoi ospiti: gli sono stati mandati semplicemente perché aveva dato la disponibilità di 5 posti in un appartamento comunicante col suo, liberatosi dopo la morte di un anziano sacerdote.



Fin dal primo giorno si va alla polizia per regolarizzare la loro posizione e il giorno seguente al Palazzo delle Scintille, dove c’è una sezione riservata ai profughi ucraini per far loro avere l’equivalente di una tessera sanitaria.

Già da subito appare evidente che i ragazzi, accompagnatissimi dalla dottoressa, e spesso in fortunoso contatto con i genitori, hanno sì un regolare passaporto, ma non hanno fatto in tempo a ricevere dai loro genitori un documento che attesti il loro affidamento, pur temporaneo.

Gli uomini della polizia sono gentilissimi e naturalmente, fatta la registrazione, devono fare il loro rapporto. La signora ucraina e il sacerdote accompagnatore promettono che faranno di tutto per farsi mandare dalla loro città, tuttora martoriata dai bombardamenti, una conferma di questo affidamento.



Dopo 4 giorni arrivano, miracolosamente, le dichiarazioni dei genitori fatte addirittura alla presenza di un notaio ucraino, naturalmente in ucraino.

Così vengono inviate subito al Tribunale dei minori, che nel frattempo ha convocato il sacerdote ospitante per accertamenti. Anzi, un accertamento per incarico del tribunale dei minori viene fatto subito da una signora, agente della Polizia municipale, che non si limita a controllare i documenti del sacerdote e degli ospiti, ma va anche a ispezionare i locali in cui vivono i profughi perché siano in regola.

Ma per certe operazioni non sarebbe necessario un mandato di perquisizione?

In attesa della visita della Guardia di finanza, che per ora non si è ancora fatta vedere, si prenota la possibilità di far vaccinare i ragazzi.

Arrivati ancora una volta al Palazzo delle Scintille, con estrema gentilezza, ma con altrettanta fermezza, i ragazzi non vengono accettati perché i certificati notarili sono scritti in ucraino, lingua che nel settore adibito all’accoglienza dei profughi ucraini sembra sconosciuta. È inutile far notare che è già un miracolo che siano arrivate queste certificazioni. Il protocollo è il protocollo, neanche il generoso intervento di un infermiere ucraino serve a sbloccare la situazione. Che anche lui non sappia l’ucraino?

Problemi simili sono segnalati anche da altre famiglie che vorrebbero favorire l’inserimento di bambini anche se accompagnati dalle mamme, in alcune scuole ed asili.

A darci una lezione, per fortuna, intervengono alcuni studenti liceali. Tra una occupazione e l’altra, incontrano uno studente ucraino, uno di questi “figli di nessuno”, lo adottano, neanche tanto a distanza, e dopo averlo invitato in pizzeria decidono di portarlo anche a scuola. Anzi, se fosse per loro, guidati dalla prode Silvia, lo porterebbero già subito anche in classe… Per fortuna la loro preside che pure deve osservare tutti i regolamenti non sa l’ucraino, ma sa interpretare bene le disposizioni del ministero.

E così finalmente Mykyta da lunedì potrà entrare, speriamo, nel liceo Einstein e seguire come uditore alcune lezioni. Certo, farlo stare per 5 ore seduto in un banco sarebbe troppo, ma qualche ora con ragazzi e ragazze della sua età, magari alle lezioni di inglese o di educazione fisica, non gli potrebbero far male. E poi, è così carino…

Certo, sarà difficile spiegare a Mykyta, a parte le difficoltà linguistiche, perché in Italia degli studenti minorenni come lui possono anche occupare una scuola senza presentare l’autorizzazione dei genitori, mentre lui e i suoi amici non possono neanche fare una vaccinazione raccomandata a tutti.

Comunque l’importante è essere gentili, affidabili, apparentemente comprensibili. Mica come quel dittatore là che pretende di invadere un paese senza il permesso dei genitori e l’autorizzazione del tribunale dei minori. E, a quanto pare, anche lui, oltretutto, non capisce l’ucraino.

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