Progetto Arca è una realtà del sociale tra le più conosciute. Nata nel 1994 come centro di accoglienza per persone senza dimora con problemi di dipendenza, ha allargato il suo spettro di attività di anno in anno. Oggi sono attive varie case famiglia e centri di accoglienza residenziale per anziani e famiglie disagiate, con il progetto Case per l’integrazione. Negli ultimi anni è stata avviata una attività di accoglienza per profughi in transito fino ad aprire un Social Market a Rozzano dove oltre 230 famiglie in difficoltà possono fare la spesa e accedere a servizi di supporto. La Zuppa della  bontà è una delle tante iniziative, una raccolta fondi per pasti caldi da distribuire a persone in difficoltà durante l’inverno. Effettuata normalmente per strada per via delle misure restrittive imposte dal Covid-19 quest’anno si effettua online. Obbiettivo è raccogliere entro il 15 novembre 15mila euro per poter garantire 10mila pasti caldi alle persone senza dimora. I volontari di Progetto Arca, costretti in molti di loro a casa per via del lockdown, si sono messi in azione aprendo delle pagine dove invitano alla raccolta di fondi garantendo di persona. Uno di questo è Paolo Cristiano con cui abbiamo parlato dell’iniziativa e non solo.



Come hai conosciuto Progetto Arca e come sei diventato volontario?

Ho sempre desiderato fare volontariato sulla strada, ho cercato qualche sito, Progetto Arca lo conoscevo di nome, ho approfondito la conoscenza e dopo alcune sedute di formazione ho cominciato.

Hai cominciato quasi a inizio lockdown, è così?

A gennaio e febbraio ho fatto alcune uscite, e qualche servizio in mensa. Quando è cominciato il lockdown amici volontari hanno continuato a farlo, io non me la sono sentita, però appena c’è stato il via libera per uscire ho ricominciato da maggio in avanti.



In cosa consiste la tua attività?

Consegno pacchi viveri sia a famiglie disagiate che nelle case famiglia del Progetto Arca, ho fatto il ritiro della spesa nei supermercati, poi  mi sono concentrato in quelle che chiamiamo unità di strada, andare dalle 20 a mezzanotte per strada a portare generi di conforto ai senza tetto, quello che volevo proprio fare.

Cosa suscita incontrare queste persone ai margini della società?

In questo periodo particolare è come guardarsi negli occhi perché c’è la consapevolezza che è qualcosa che può succedere a tutti. Io stesso sono in cassa integrazione da aprile, non si naviga in belle acque. È avere la conferma che queste persone non sono entità così lontane che vengono da storie assurde, si può arrivare a essere come loro molto facilmente soprattutto nelle grandi città dove non esiste un tessuto sociale. 



Siamo una realtà comune, benché la gente oggi sia divisa più che mai, ognuna preoccupata di se stessa, è così?

Sì, pensiamo sempre che riguarda qualcun altro. Personalmente ritengo che fare volontariato sia una attività molto egoistica anche se sembra un contro senso.

Cosa intendi?

Dà molto a te stesso, ti motiva, ti apre il cuore. Ricordo una volta che portai un pacco viveri a una signora anziana, non una senzatetto, e questa donna scoppiò a piangere, una esperienza molto toccante che mi ha dato molto.

Parlaci della Zuppa della bontà, quest’anno si svolge online?

Sì, veniva fatta per strada, con banchetti dove si chiedevano alle persone aiuti economici, personalmente era una cosa che non mi piaceva andare per strada a chiedere soldi. Per via del virus si è aperta la possibilità di farla online e allora mi sono messo a disposizione. Io come altri volontari abbiamo aperto una pagina dove ci mettiamo la faccia e il nome e chiediamo ad amici e colleghi di contribuire.

Il risultato?

Sta andando molto bene, personalmente ho raccolto fino ad adesso circa 2300 euro, oltre alla cifra che mi ero proposto.

Un successo.

Credo dipenda dal fatto che la gente ti vede di persona e si fida di te, gli assicuri che i soldi non te li metti in tasca, che a portare i panini ci vai tu.

Fino a quando prosegue la raccolta?

Fino al 15 novembre. L’obbiettivo è raccogliere 15mila euro, per ora siamo arrivati a poco meno di 10mila, che significa circa 4500 pasti caldi, considerando il costo di un paio di euro a pasto caldo in mensa. Con 10 euro si possono offrire cinque pasti caldi, con 50 euro 25 e con 100 euro 50 pasti.