Assistenza, innovazione e fisco. Può giocare su questa triangolazione la possibilità di garantire nuove risposte ai nuovi bisogni e alle nuove povertà che prima la pandemia, poi la crisi economica e ora la guerra in Ucraina stanno facendo emergere. La chiave di volta è il 5 per mille, la quota dell’Irpef che lo Stato ripartisce su indicazione dei cittadini-contribuenti al momento della dichiarazione dei redditi e destinata alle organizzazioni non profit iscritte agli elenchi dell’Agenzia delle Entrate.
E proprio sul 5 per mille punta Fondazione Progetto Arca per dare solidità e continuità ai servizi innovativi che ha recentemente lanciato a sostegno dei senza dimora, come spiega e racconta in questa intervista il suo presidente Alberto Sinigallia.
Come utilizzerete i fondi raccolti con il 5 per mille?
Oltre a garantire accoglienza e cure mediche a migliaia di persone povere, a sostegno quindi delle attività di Progetto Arca rese ancora più necessarie da questi due anni di pandemia, i fondi saranno destinati soprattutto ai servizi innovativi.
Per esempio?
L’innovazione più importante è la Cucina mobile, un servizio di distribuzione di pasti caldi che va incontro ai bisogni delle persone, anziché farle venire nelle mense.
Come è stata accolta questa iniziativa?
In un momento storico in cui, a seguito della pandemia, ci hanno abituato alle distanze, il food truck di Progetto Arca è un esperimento di successo, in cui si “mettono le ruote ai servizi”, e sta garantendo un’ottima qualità anche di prodotto. Dopo la Cucina Mobile a Milano, è stata la volta di Roma, e oggi siamo presenti in sette città.
Ci sono all’orizzonte altre inaugurazioni di food truck?
Sì, a brevissimo la Cucina mobile verrà inaugurata anche a Napoli, Bari e Padova-Mestre.
Quali sono gli strumenti nuovi che avete messo in campo o che metterete in campo attraverso il 5 per mille?
La nostra mission è focalizzata sul contrasto alla povertà, rispondendo ai bisogni primari, come il mangiare. Non solo c’è la Cucina mobile per chi vive in strada, ma abbiamo triplicato la distribuzione dei pacchi viveri e stiamo allargando il numero dei nostri social market: siamo già presenti a Milano, dove ne apriremo altri due, e a Napoli, ma presto inaugureremo un social market anche a Roma. E poi c’è la Spesa del giorno, un’iniziativa che a Milano ci permette di distribuire cibo fresco, dai latticini a frutta e verdura, alle famiglie indigenti. Dopo la prima sperimentazione in via Sammartini, attiveremo altri due punti, in viale Bodio e a Baggio, dove abbiamo un capannone di 350 metri quadri.
E sul fronte delle cure mediche per le persone senza dimora?
È un problema grosso che i due anni di pandemia hanno aggravato. Il Centro Post Acute per Homeless, uno dei primi in Italia, ospita le persone senza dimora che sono state dimesse, dopo interventi anche gravi, da un ospedale, ma non hanno una rete familiare né una casa dove affrontare la convalescenza per poi entrare nel circuito dell’assistenza e dell’integrazione abitativa e lavorativa. In strada, invece, ci siamo mossi con il camper medico per effettuare tamponi, somministrare vaccini e offrire cure. A Milano abbiamo tamponato migliaia di persone e abbiamo vaccinato più di mille senza dimora.
Le risorse del 5 per mille serviranno anche per iniziative a favore dei profughi ucraini?
Se la campagna di quest’anno avrà successo, senz’altro. Già stiamo facendo molto, sia in Ucraina che in Italia, per queste persone. Settantadue ore dopo l’invasione eravamo in campo con il primo convoglio di aiuti: abbiamo preso un magazzino di 350 metri quadri dove far arrivare i Tir. In appoggio a una Ong locale spagnola, Remar, abbiamo preso anche una palestra da cui sono passati più di 10mila persone in accoglienza. E abbiamo aperto, in un tendone da 500 metri quadri, un punto di ristoro a Chernivtsi, una cinquantina di chilometri dal confine con la Romania, in cui ogni giorno diamo da mangiare a 2mila persone. E presto apriremo altri due tendoni a Leopoli.
Quali sono stati i bisogni nuovi che avete riscontrato nel corso del 2021 e negli ultimi due anni di pandemia?
La pandemia per i senza dimora è stata drammatica, perché dover restare in casa per chi non ha casa è stato molto difficile. L’assistenza in strada, con tutti i servizi chiusi, dalle mense alle docce, ci ha costretto a mettere le ruote alle nostre iniziative di assistenza. Nel 2021, poi, si è acuita la crisi economica, soprattutto per chi aveva un lavoro in nero o precario.
E in questo 2022?
Gli sfratti sono la nuova emergenza. Sono rimasti bloccati per due anni, fino al 31 dicembre 2021, ma già in questi primi mesi è come trovarsi davanti a una diga in cui si è aperta una falla. Noi a Milano stiamo mettendo a disposizione 130 alloggi, a Roma siamo già attivi e presto acquisiremo le prime case anche a Genova e Napoli.
Che cosa dovrebbe spingere un cittadino contribuente a scegliere proprio Progetto Arca?
Fondazione Progetto Arca è stata iniziata da Fratel Ettore, che si occupava dei senza dimora, e questa è la nostra missione. Il nostro motto è “il primo aiuto sempre”. Siamo un’organizzazione semplice, ma nello stesso tempo molto dinamica, snella e veloce ad attivarci nelle emergenze. Abbiamo già aperto il primo centro per ucraini transitanti, a breve ne apriremo un altro da 50 persone. E vogliamo continuare a occuparci dei bisogni primari degli indigenti, ma anche della loro integrazione abitativa e lavorativa.
(Marco Biscella)
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