Ad accoglierli è un sonoro “Benvenuti!”. E all’arrivo dei volontari di Progetto Arca, una decina di persone, metà italiani e metà stranieri, fino a quel momento intente a chiacchierare tra loro, si alzano e si dirigono verso il camper bianco. Gli occhi si illuminano, qualche sorriso, qualche scambio di parole per raccontarsi difficoltà e cose belle vissute in quella giornata.
Inizia così, una sera di novembre, in un angolo di Milano fra via Hoepli e Piazza Filippo Meda, alle spalle del Duomo, l’uscita serale di una delle Unità di strada, attive tutto l’anno, che offrono un primo aiuto concreto e immediato alle persone senza dimora, direttamente sulla strada. Il servizio, gestito dal Comitato Milanese della Croce Rossa e da Progetto Arca e coordinato dal Centro Sammartini del Comune, si muove in rete proprio con le Unità di strada del territorio per dare soccorso alle persone più fragili e a rischio, offrendo loro un’opportunità di prima accoglienza. Ogni settimana operatori e volontari incontrano e portano aiuto a più di 600 persone.
Dal pullmino sono scesi quattro volontari, tutti con le pettorine, a cui se ne aggiungono altre due arrivate sul posto con i mezzi pubblici. In pochi secondi sono pronti a distribuire beni di prima necessità in un sacchetto blu che contiene i generi alimentari per il giorno dopo: una scatoletta di tonno, un dolcino, qualche cracker e una bottiglietta d’acqua.
E per stasera? “Tra un po’ arriverà la cucina mobile – ci spiega Cristina, una delle volontarie – che distribuisce un piatto caldo: pasta al forno o parmigiana o hamburger. Questa settimana è il turno della pasta al forno vegetariana”.
La cucina mobile, una vera e propria mensa su quattro ruote, attrezzata con forno, fornelli e bollitori, si muove dal centro alla periferia per distribuire pasti caldi e completi ad almeno 120 persone senza dimora, per 5 giorni a settimana. Ma la previsione per stasera è che di persone se ne possano incontrare anche più di 180. Luca, il responsabile del servizio distribuzione dei pasti caldi, è un po’ preoccupato per la possibile ressa. Comunque sale sulla cucina mobile, ma quando arriva sul posto ad attenderlo c’è una fila più contenuta e ordinata, una trentina di persone, che si mettono ordinatamente in coda in attesa di ricevere il sacchetto verde. Pian piano il “serpente” si allunga, Luca dirige le operazioni con grande professionalità e velocità, i tempi di attesa sono ridotti al minimo, tutti vengono serviti e non c’è nemmeno bisogno di mettere in riga eventuali indisciplinati.
Intanto in via Hoepli vengono caricati i carrellini con i sacchetti blu e viene riempito un polibox con il caldo. “Così – mi dice Cristina – iniziamo insieme il giro a piedi di portici e gallerie della zona fra il Duomo e San Babila”.
A guidare quel piccolo manipolo di buoni samaritani è Mouhib. E’ arrivato dal Marocco una trentina di anni fa, dal 2009 lavora con Progetto Arca. Fra i senza dimora e i volontari è conosciuto come “il gigante buono”. E l’appellativo è quanto mai meritato: non solo nel 2019 ha vinto l’Ambrogino d’Oro, ma Mouhib conosce i senza dimora tutti per nome e per ciascuno ha sempre una parola buona, di conforto, di incoraggiamento, di sostegno, di indirizzo.
C’è una coppia che ha creato un riparo e un angolo di privacy circondato da una sorta di “fortezza” eretta con gli scatoloni di cartone: i volontari si affacciano con grande discrezione per distribuire il cibo, ma non ne hanno bisogno, vengono subito riconosciuti, accolti e ringraziati.
C’è Adan, accovacciato sotto un paio di coperte, vicino alla testa l’inseparabile bottiglia di vino. Mentre gli porge il pasto caldo, Mouhib non si sottrae all’invito: “Non bere più, lo sai, ti fa male”.
C’è Ivan che staziona davanti al suo giaciglio di fortuna: più che di cibo ha bisogno soprattutto di mascherine, e Cristina cerca subito di accontentarlo, frugando nello zaino: “Stasera non ne ho, ma prendi questo scaldacollo che può aiutarti a sentire meno freddo”.
Poco più in là c’è Mery: se ne sta chiusa nella sua tendina, ma alla voce di Mouhib non sa resistere, apre la cerniera, raccoglie la sua razione di cibo per la notte e per il mezzogiorno seguente, racconta della sua imminente operazione. “Dopo vengo a trovarti, sai che non puoi resistermi” gli dice Mouhib. Lei ride, gli promette che lo chiamerà e saluta con calore i volontari. Si respira un’aria di sincera familiarità.
C’è anche l’occasione di incontrare un nuovo senza dimora, un giovane italiano, e subito Mouhib gli chiede come si chiama, si informa di cosa ha bisogno e lo indirizza verso il servizio più adeguato. Una volta accomiatatosi, mentre cammina, ripete ad alta voce, come a fissarne il ricordo, il suo nome e le sue necessità.
Le due ore scorrono camminando, seminando generosità e raccogliendo confidenze, richieste e riconoscenza. Qualcuno riceve una maglietta intima, qualche pacchetto di fazzoletti di carta, prodotti per l’igiene personale. Nelle sere più rigide le Unità di strada distribuiscono anche sacchi a pelo e coperte. Per tutti c’è sempre una parola buona, un sorriso, un’attenzione. “E quando serve – conclude Cristina – offriamo il giusto orientamento sui servizi di assistenza presenti sul territorio”.
Alleviare il disagio di chi vive in strada è il primo passo per instaurare una relazione di fiducia, così da poter avviare un percorso di accoglienza e di reinserimento sociale. Che, ovviamente, sono sempre i benvenuti, perché la carità non basta, bisogna scommettere sempre sulla dignità e sul riscatto delle persone.
Per rimanere informati sulle attività e per aiutare Progetto Arca a sostenere i più fragili: www.progettoarca.org
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