Dopo un colloquio con il capo dello Stato durato poco più di un’ora, Mario Draghi ha accettato con riserva l’incarico di formare un nuovo Governo e ha ricordato che le sfide che l’Italia ha davanti sono: “Vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte ai problemi quotidiani, rilanciare il Paese”, grazie anche alle risorse europee. «Premetto – ci dice Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie – che conosco Draghi quasi come le mie tasche, perché è allievo di Federico Caffè, cui sono succeduto all’Università di Roma quando è andato in pensione. Ho avuto anche modo di incontrarlo al ristorante la sera prima della nomina ufficiale alla guida della Bce e mi disse che aveva ricevuto una telefonata dalla Merkel in merito. In buona sostanza era stato scelto anche dalla Germania. Questo è un aspetto importante ancora oggi: Draghi, avendo la fiducia di Berlino, ha il compito di portare l’Italia verso l’utilizzo del Next Generation Eu per investimenti che generino una crescita “modernizzata” e di evitare che i nostri conti pubblici, a causa anche della politica permissiva della Bce, vadano fuori controllo».
Cominciamo dal primo obiettivo, come può raggiungerlo?
È noto che l’Italia investe poco e non riesce a utilizzare i fondi europei non solo perché si è trovata governata dai 5 stelle, ma anche per la rigidità dei sistemi burocratico e giudiziario che non consentono lo sblocco degli investimenti e la partenza effettiva delle opere. Molto spesso, infatti, i funzionari non firmano le pratiche necessarie perché temono di finire sotto inchiesta. Occorrono dunque delle riforme importanti per quel che riguarda la Pa e la giustizia, oltre che nel mercato del lavoro.
Su quest’ultimo fronte cosa potrebbe fare un Governo Draghi tenuto conto che a fine marzo scadrà il blocco dei licenziamenti?
Più che nella difesa dei posti esistenti, che come si è visto con gli ultimi dati Istat è una tattica che non paga, occorre crearne di nuovi. Questo si fa mobilitando l’economia produttiva dell’investimento, specie al Sud, con la costruzione di opere infrastrutturali. Servono poi vaccinazioni rapide ed efficienti, in modo da riaprire i ristoranti, riavviare il settore dei servizi, cominciare a dare speranze al turismo con l’arrivo di stranieri. In questo modo si potrà riassorbire la forza lavoro che questi comparti hanno perso. Credo che il Governo Draghi dovrà far venir meno il blocco dei licenziamenti, che nelle imprese più piccole ha creato danni, e cercherà di introdurre misure di flessibilità nel mercato del lavoro per creare più opportunità in questa fase, andando nella direzione opposta rispetto al decreto dignità.
L’altro obiettivo di cui ha parlato prima è quello di tenere i conti pubblici sotto controllo. Pensando alle misure adottate su questo terreno dall’ultimo esecutivo a guida tecnica non c’è da sperare bene per le tasche degli italiani…
Un momento, c’è una profonda differenza tra il Governo tecnico del 2011 e quello che potrebbe nascere a guida Draghi. Anzitutto perché, senza offesa per Monti, il Premier incaricato ha le competenze di chi non ha vissuto nei club astratti, ma ha fatto il Direttore generale del Tesoro per molti anni, ha frequentato e diretto comitati internazionali operativi riguardanti le organizzazioni bancarie, è anche un organizzatore, come ha dimostrato nella leadership alla guida della Bce, e quindi saprebbe scegliere bene i propri collaboratori in modo che non siano dei professorini catapultati alla guida di un ministero senza, per esempio, sapere com’è fatto il catasto, ma degli “operativi”.
Concretamente come farebbe a tenere sotto controllo i conti?
Innanzitutto con la crescita economica, poi attingendo il più possibile dai fondi europei e il meno possibile al debito pubblico. Può anche utilizzare il sistema della public-private partnership, in cui la componente pubblica è piccolissima, per fare in modo che gli investimenti non vengano finanziati solamente dallo Stato, sfruttando anche il momento favorevole sul mercato dove il credito costa pochissimo. Si tratterebbe di fare tutto il contrario di quanto visto, per esempio, con l’Ilva di Taranto, dove si è voluta creare un’azienda di Stato senza nemmeno un soggetto pubblico con esperienza nel settore siderurgico. Un’altra cosa che dovrebbe fare è cancellare molte misure assistenziali.
Come il Reddito di cittadinanza.
Non solo. Anche Quota 100. Questo non vuol dire che le persone non debbano poter andare in pensione prima, ma che occorre usare i criteri attuariali in modo che non ci siano costi per lo Stato. Inoltre, bisognerebbe lasciare a chi va in quiescenza la possibilità di continuare a lavorare senza pagare i contributi. Certo, se ci sono persone che vanno in pensione prima il risparmio si vede nel lungo termine, mentre si ha un esborso maggiore sul breve, ma credo che contabilmente si potrebbe trovare una soluzione per far percepire che il debito non crescerebbe.
È chiaro però che un Governo Draghi avrebbe bisogno dell’appoggio del Parlamento.
Io penso che se ha accettato l’incarico è perché ha già in mente cosa fare e come muoversi, non credo che non sapesse che poteva ricevere questa richiesta da Mattarella. Anzi, conoscendo bene anche il presidente della Repubblica credo che se l’ha chiamato al Colle non l’ha fatto certo con “improvvisazione”: evidentemente i due erano in contatto almeno da alcuni giorni. Certamente la visione produttivistica di Draghi non sarebbe compatibile con M5s, mentre si dovrebbe scontrare con una parte del Pd che vorrebbe più Europa allo scopo di poter fare più debiti. Nel centrodestra ci sono partiti i cui leader non amano l’Ue, ma la Lega condividerebbe certamente, come Forza Italia, l’impostazione economica produttivistica, mentre non è chiaro se Fratelli d’Italia lo farebbe. Io ritengo che la scelta di Draghi possa rappresentare anche un’occasione di miglioramento per il centrodestra.
(Lorenzo Torrisi)
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