L’incarico di costituire un nuovo Governo affidato a Mario Draghi ha riscontrato l’apprezzamento pressoché unanime delle parti sociali. Accomunate anche dalla consapevolezza che questo tentativo rappresenta una sorta di ultima spiaggia per evitare un pericoloso vuoto di potere nella fase più acuta dell’emergenza economica. Nel mandato affidato all’ex Presidente della Bce, il tema del lavoro assume, unitamente a quello sanitario, una priorità assoluta. Anche in relazione alla scadenza del blocco dei licenziamenti, prevista per il 31 marzo p.v., e alla consapevolezza di dover gestire una transizione dolorosa che, nel migliore dei casi, comporterà la necessità di favorire una mobilità lavorativa di milioni di lavoratori verso nuove opportunità occupazionali. Sempre ammesso che nel frattempo il piano delle vaccinazioni e i provvedimenti anti-ciclici per sostenere gli investimenti abbiano prodotto i loro effetti.
In attesa di sapere se le condizioni politiche consentiranno al Presidente incaricato di sciogliere positivamente la riserva e di ottenere il voto di fiducia nel Parlamento, proviamo a immaginare quali potrebbero essere le politiche del lavoro di un Governo guidato da Mario Draghi. Fanno testo per lui i numerosi richiami contenuti nelle relazioni periodiche, nella veste di Presidente della Bce, riguardo l’importanza di integrare le politiche monetarie e finanziarie con quelle economiche e quelle del lavoro, e di adeguare i sistemi formativi per migliorare le competenze dei lavoratori e la loro occupabilità.
Nel marzo 2020, in coincidenza con i primi interventi adottati dai governi nazionali per contrastare la diffusione del Covid-19, in un lungo articolo pubblicato sul Financial Times, che ha avuto risonanza internazionale, evocava l’urgenza di ampliare i debiti pubblici per sostenere gli apparati produttivi e i posti di lavoro colpiti dagli effetti della pandemia. Un orientamento destinato a influenzare il cambiamento delle politiche economiche promosse dai governi nazionali e dalle istituzioni europee avvenuto nei mesi successivi. La lettura degli accadimenti economici viene ulteriormente aggiornata in un importante documento elaborato da un gruppo di prestigiosi esperti ed economisti del G30, presentato da Mario Draghi e da Raghuram Rajan, ex governatore della Bank of India, nel mese di dicembre 2020, che pur ritenendo necessarie le misure adottate dai governi per difendere gli apparati produttivi evidenzia i rischi di un utilizzo prolungato delle risorse disponibili verso le imprese a forte rischio di insolvenza, con effetti distorcenti sull’utilizzo delle risorse e per la sostenibilità degli indebitamenti pubblici, e invita a destinarle progressivamente verso quelle economicamente efficienti.
Gli effetti distorsivi degli interventi rivolti a difendere gli apparati produttivi inefficienti e i sussidi al reddito a oltranza erano già stati evidenziati in un’illuminante relazione tenuta da Mario Draghi nel corso del Meeting di Rimini nell’agosto 2020, che sottolineava come questi interventi, pur necessari nelle condizioni di emergenza, possono generare nel medio periodo conseguenze negative per le giovani generazioni, se non accompagnati da investimenti rivolti a potenziare le infrastrutture collettive, che generano ricadute positive sulla produzione e sulla sicurezza delle persone, e dal potenziamento di quelli destinati alla istruzione delle risorse umane. È la differenza tra il fare “debito buono o debito cattivo”, richiamata nell’intervento citato, che deve essere utilizzata per valutare la qualità degli interventi adottati dai Governi per fronteggiare la crisi.
Alla luce di queste riflessioni, si può già intuire quale sarà il marchio di fabbrica del Governo Draghi: una forte spinta verso il ricambio generazionale, fondata su forti investimenti nell’istruzione e ricerca, una marcata accentuazione della componente degli investimenti nell’attuazione del Recovery plan per l’utilizzo delle nuove risorse europee. Entrambe del tutto coerente con gli obiettivi del programma Next Generation varato dalle istituzioni dell’Ue. La non dipendenza dai retaggi delle promesse elettorali, e la possibilità di costruire una compagine di governo con più elevati profili di competenza, possono consentire di rimediare le lacune ereditate nella proposta di Recovery plan approvata dal Governo uscente, e di aprirla con più efficacia alla partecipazione delle istituzioni regionali e delle parti sociali.
Ma il percorso per dare concretezza a questi obiettivi non è in discesa. Il Governo uscente lascia in eredità un aggregato complesso di interventi di sostegno alle imprese, e al reddito dei lavoratori e delle famiglie, destinato peraltro a ipotecare anche una notevole quota di nuove risorse, e di ulteriore debito pubblico, per l’anno in corso. La parte degli interventi finalizzati ad accelerare gli investimenti infrastrutturali, e all’incentivazione di quelli privati, rimane in sofferenza per diverse ragioni. Prima fra tutte, la riconfermata incapacità dell’amministrazione pubblica di mobilitare le risorse in modo efficiente.
Rimane ancora indefinita la modalità per affrontare le conseguenze del superamento del blocco dei licenziamenti. In un certo senso questo appuntamento rappresenta la cartina tornasole della capacità di mobilitare le risorse nella direzione di migliorare le competenze, e i servizi di incontro tra la domanda e offerta, e per rendere sostenibile la mobilità del lavoro per milioni di occupati coinvolti nelle riorganizzazioni della produzione e dei servizi.
Il bilancio sull’andamento del mercato del lavoro nel 2020 è eloquente. La diminuzione del numero degli occupati,- 440 mila e l’aumento ulteriore di un numero analogo delle persone inattive, sono il risultato delle mancate assunzioni di giovani e donne con contratti a termine e della mancata apertura di nuove partite Iva. Le conseguenze della riduzione delle attività nei comparti dei servizi, unitamente all’effetto di scoraggiamento per le nuove assunzioni operato dal blocco dei licenziamenti, hanno ulteriormente penalizzato le persone in cerca di lavoro e generato in parallelo un potenziale di nuovi esodi di personale nelle aziende (con stime che oscillano tra le 25 e le 500 mila unità) e di tensioni sociali.
Alle condizioni attuali, considerati gli effetti di trascinamento dei provvedimenti già adottati e i fabbisogni di interventi differenziati per il sostegno dei settori più colpiti dalla pandemia, appare estremamente difficile ricondurre la mole dei provvedimenti adottati per i sostegni al reddito, gli incentivi per l’occupazione, all’interno di di un programma strutturale di riforme. Questo non dovrebbe impedire a un Governo autorevole, e non vincolato dalle esigenze di difendere i provvedimenti collegati alle promesse elettorali, di renderli coerenti con il perseguimento degli obiettivi generali.
L’introduzione dell’assegno unico previsto dalla Legge di bilancio 2021 a sostegno dei minori anche per i nuclei familiari fiscalmente incapienti, e l’esigenza di ricondurre le politiche attive nell’ambito di una nuova governance condivisa con le regioni che preveda un potenziamento dei servizi per il complesso delle persone in cerca di lavoro, offrono lo spunto per una ragionevole riforma del reddito di cittadinanza. La Quota 100 per i pensionamenti anticipati, in scadenza a fine anno, potrebbe essere sostituita con un sistema flessibile di età pensionabile agevolato per i lavoratori anziani che perdono involontariamente il lavoro in prossimità dell’età pensionabile.
L’esaurimento dei Governi dell’era populista, e della loro perenne tentazione di allargare il raggio di azione sottraendolo alle parti sociali, potrebbe offrire l’opportunità di coinvolgere le rappresentanze del lavoro per rafforzare gli interventi di politica attiva, e quelli contrattuali finalizzati alla crescita della produttività.
Il compito affidato a Mario Draghi è arduo, ma la caratura e l’esperienza internazionale del Presidente incaricato fanno ben sperare. Valgono per lui le parole della “preghiera per la serenita” di K.P. Reinhold Niebuhr, riportate nel ricordato intervento al Meeting di Rimini: “Signore, dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, la saggezza di capire la differenza”.
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