Se dovessimo definire il programma GOL – Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori – con uno slogan potremmo dire “fare rete contro la disoccupazione”. È, infatti, proprio il concetto di rete – tra politiche attive e formazione, tra Stato e Regioni, tra pubblico e privato – che sta alla base del programma per rilanciare l’occupazione e combattere la disoccupazione nell’orizzonte temporale 2021/2025. 



Con una dotazione iniziale 880 milioni di euro destinati alle Regioni, GOL si inserisce nell’ambito della Missione 5, Componente 1 del Pnrr e rientra nel più ampio progetto di riforme del mercato del lavoro che comprende anche il Pnc – Piano Nuove Competenze – e il rafforzamento del Sistema Duale.  



Il programma è ambizioso e si propone di porre fine allo stallo operativo e funzionale delle politiche attive del lavoro, fin qui decisamente fallimentari, offrendo opportunità lavorative ad almeno 3 milioni di beneficiari entro il 2025, il 75% dei quali donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30, lavoratori over 55, coinvolgendo almeno 800 mila dei beneficiari complessivi in attività di formazione, con rafforzamento delle competenze anche digitali.

In sostanza, nel prendere atto del persistente mismatch tra professionalità ricercate e professionalità disponibili si è finalmente compresa la necessità di integrare i sistemi di politiche del lavoro con quelle della formazione, così accompagnando il disoccupato verso il percorso più adeguato per accrescere la sua occupabilità.



GOL si propone, infatti, l’obiettivo di realizzare progetti formativi e di inserimento lavorativo differenziati, a favore di persone disoccupate e in transizione occupazionale ed è rivolto ai cittadini beneficiari di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro e beneficiari di ammortizzatori sociali in assenza di rapporto di lavoro, quali disoccupati percettori di Naspi e Dis-Coll. Destinatari del progetto sono altresì soggetti fragili o vulnerabili quali giovani Neet (meno di 30 anni), donne, persone con disabilità e soggetti maturi estromessi troppo presto dal circuito lavorativo (55 anni e oltre); percettori del Reddito di cittadinanza; disoccupati da almeno 6 mesi senza sostegno al reddito, altri lavoratori con minori opportunità occupazionali (giovani e donne, anche non in condizioni di fragilità), lavoratori autonomi che cessano l’attività; lavoratori working poor il cui reddito da lavoro, dipendente o autonomo, sia inferiore alla soglia dell’incapienza, secondo la disciplina fiscale. 

Gli attori del processo sono l’Anpal, le Regioni e – per esse – i Centri per l’impiego. 

Nella consapevolezza di una convinta inversione di rotta, con deliberazione n. 5 del 9 maggio 2022, l’Anpal ha ridefinito le modalità di presa in carico di chi si rivolge ai servizi per il lavoro, al fine di creare le condizioni per una personalizzazione dei servizi e per l’attuazione di un migliore assessment nell’ambito della profilazione quantitativa e qualitativa.

Le indicazioni provenienti dalla profilazione quantitativa, che verrà ora effettuata attraverso dati amministrativi, alimentati dalle dichiarazioni contenute nella Did – Dichiarazione di immediata disponibilità – e dalle informazioni presenti nelle CO – Comunicazioni obbligatorie di assunzione e cessazione – vengono successivamente approfondite, nella fase di valutazione qualitativa, dagli operatori dei Centri per l’impiego, attraverso l’interazione con gli utenti finalizzata a far emergere i bisogni effettivi, ad esempio di accompagnamento alla ricerca di lavoro oppure di aggiornamento e/o riqualificazione delle competenze o, nei casi più gravi, di supporto da parte della rete dei servizi territoriali. 

Sulla base dell’assessment, l’utente stipula il patto di servizio e viene indirizzato a uno dei percorsi previsti dal programma GOL, distinti a seconda della “distanza dal mercato del lavoro” del soggetto in cerca di occupazione. L’elemento che accomuna i diversi percorsi è la personalizzazione, che permette di delineare una formazione differenziata secondo le esigenze dei singoli sulla base dei fabbisogni rilevati, in funzione dell’età, del livello di competenze, della complessità del bisogno, delle esigenze di conciliazione, del contesto del mercato del lavoro di riferimento, dei fabbisogni espressi dalle imprese e delle concrete opportunità occupazionali.

Si potrà avere quindi un percorso lineare di reinserimento lavorativo, oppure, nel caso di soggetti che necessitano di adeguare le proprie competenze, si potrà avviare un percorso di aggiornamento upskilling, che prevede interventi formativi prevalentemente di breve durata e dal contenuto professionalizzante; ancora, per chi ha necessità di una più robusta attività di formazione e aggiornamento si prevede un percorso di riqualificazione reskilling e, per i casi più complessi, si attiverà il percorso di inclusione, che coinvolge la rete dei servizi territoriali, quali quelli educativi, sociali, sanitari, di conciliazione. 

Un percorso ad hoc è infine previsto per i casi di crisi aziendale, con un’attività di ricollocazione collettiva, attraverso la valutazione delle chances occupazionali, della professionalità dei lavoratori e del contesto territoriale di riferimento per individuare soluzioni idonee all’insieme dei lavoratori coinvolti.

Nell’idea posta a fondamento del progetto, particolare rilievo assume la cooperazione tra sistema pubblico e privato in base alla quale si vuole rendere strutturale la cooperazione tra i servizi pubblici, le Agenzie per il lavoro e i soggetti accreditati per la formazione, coinvolgendo anche gli operatori economici locali affinché i Cpi possano divenire punto di riferimento nell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro territoriale. I commi 249-250 della Legge di Bilancio 2022 prevedono, infatti, che possano essere sottoscritti accordi per realizzare percorsi di formazione, specie nei settori della transizione ecologica e digitale, fra autonomie locali, soggetti pubblici e privati, enti del Terzo settore; associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. 

Si mira a creare una sorta di partenariato tra pubblico e privato, prendendo atto che – da oltre un decennio – la vera attività di “collocamento” dei lavoratori è stata svolta, con ottimi risultati, proprio dalle Agenzie per il lavoro che, se coinvolte in modo adeguato e trasparente, possono realmente collaborare al raggiungimento degli obiettivi oggi prefissati.

Siamo di fronte a un progetto innovativo e condivisibile che poggia però su basi non del tutto solide, sol che si consideri che è indispensabile, per il raggiungimento degli obiettivi dichiarati, l’effettiva realizzazione del Sistema informativo unitario del lavoro, per il quale siamo in attesa da quasi vent’anni.

Sarà inoltre fondamentale, nella consapevolezza che la materia delle politiche attive e della formazione è di competenza concorrente delle Regioni, con forti differenze tra i territori, intervenire sui Centri per l’impiego per superare l’eterogeneità delle prestazioni e dei servizi garantiti nei territori indirizzando gli investimenti verso servizi innovativi e digitali. 

Progetto ambizioso, dicevamo, ma le premesse – più di altre volte – sono buone.

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