Nella linea di governo impostata dalla nuova Premier c’è un cambiamento di paradigma economico che non è stato ancora commentato a sufficienza: dall’idea che lo Stato debba dare ricchezza e il mercato garanzie, affermatasi in Italia dagli anni ’70 in poi e poco scalfita dall’alternanza delle maggioranze, si passa a quella che lo Stato debba dare garanzie e il mercato ricchezza. Cioè la missione dello Stato (denaro fiscale) si trasforma da redistributiva a propulsiva della crescita dando maggiore libertà al mercato e mirando la politica economica a sostenerlo per l’espansione.
Pertanto il “conservatorismo” che caratterizza la nuova maggioranza è lontano da quello offerto dalla “destra sociale” di tradizione statalista e molto vicino a un “conservatorismo liberale” socialmente consapevole. Che mantiene l’attenzione ai deboli, ma cambia la missione del welfare: renderli forti attraverso più investimenti di qualificazione individuale e territoriale limitando l’assistenza a chi ne ha veramente bisogno.
Tale direzione ha un impatto sulle garanzie: da quelle passive, identità paradigmatica delle sinistre, a quelle attive. Tale cambiamento, al netto delle preferenze ideologiche, appare necessario per rilanciare il capitalismo di massa nelle democrazie. Tutte, in America ed Europa, stanno subendo una regressione della diffusione sociale ricchezza a causa di garanzie che non la rinnovano (Europa) oppure per assenza di garanzie che non qualificano gli individui dando loro un maggiore valore di mercato, per esempio via investimenti formativi per cogliere le opportunità di un mercato sempre più trainato dalla tecnologia (America).
La sinistra anglofona (Blair, Clinton, Obama, ecc.) e quella tedesca (Schroeder, ecc.) hanno tentato fin dagli anni ’90 di ridurre l’assistenzialismo passivizzante, ma non sono riusciti in pieno a concepire/realizzare un giusto mix tra accesso alla ricchezza via diritto e via mercato. Pertanto, il definire con chiarezza e realismo la missione di Stato e mercato, cercando di renderli complementari e non contrapposti, appare una soluzione promettente contro il declino economico delle democrazie e dell’Italia in particolare. Chi scrive elaborò questo concetto a metà degli anni ’90 quando scrisse con G. Tremonti ed E. Luttwak “Il fantasma della povertà” (Mondadori, 1995) in base a uno scenario che già mostrava il rischio prospettico di impoverimento a causa di garanzie mal allocate o assenti, poi attualizzatosi. Ora c’è un’iniziale speranza di inversione del declino.
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