L’inflazione fa paura e gli italiani reagiscono pensando di fare meno acquisti. Le intenzioni dei consumatori, misurate da una ricerca di Eumetra, sono di comprare meno e ridurre così gli esborsi. La percentuale delle intenzioni di acquisto per i prossimi mesi, infatti, si attesta sul -10,3%. Una tendenza che Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé, sta verificando sul campo, e che preoccupa gli operatori del commercio, compresa la grande distribuzione.



Come mai le intenzioni di acquisto dei consumatori sono diminuite così tanto in questo mese?

Tutti abbiamo studiato il concetto di aspettativa di inflazione che, dal punto di vista macroeconomico, determina una contrazione dei consumi. Quello che stiamo vedendo è che i clienti in generale non sanno quanto potrebbe variare l’inflazione nei prossimi mesi; quindi, sono molto refrattari a fare degli acquisti. Lo vediamo anche noi nell’alimentare.



La paura dell’inflazione fa chiudere il portafoglio anche per quanto riguarda il cibo?

Si potrebbe pensare che la gente rinunci magari a un acquisto nell’elettronica e non per l’alimentazione. Ma non è così. Tanto è vero che dall’inizio dell’anno la media ponderata omnichannel, che comprende ipermercati, supermercati, discount, specialisti drug, e-commerce, quindi di tutti i canali di vendita, fa sì che in Italia le vendite a volume siano diminuite del 3%. Che è un dato preoccupante, coperto dalle vendite a valori, positive in tutti i canali, che raggiungono il 10,1%. C’è un’inflazione che copre la contrazione della domanda. Il cittadino italiano anche di fronte ai beni food è refrattario. Anche se contemporaneamente dobbiamo rilevare un aspetto positivo: la lotta allo spreco. Secondo le nostre analisi qualitative il cliente tende a sprecare di meno, soprattutto adesso che i costi sono superiori.



La ragione principale però della diminuzione degli acquisti resta l’aspettativa di inflazione?

Esattamente. A luglio le vendite a volume sono diminuite dell’1,2% con l’inflazione più alta. La tendenza è assodata e lo vediamo anche nel food. Per questo stiamo aumentando la pressione promozionale per indurre i consumi, tornando a formule simili al 3×2, che erano in auge qualche decennio fa. Non ripeteremo quella promozione, ma ci saranno i 2×1 o soluzioni di questo tipo. L’obiettivo è dare più convenienza al cliente e nel frattempo aumentare i volumi di vendita. Comunque, anche noi siamo preoccupati.

Ma i costi aumentano anche per chi vende?

Molto dipende da come si comportano i fornitori, i nostri partner nella catena, la filiera. Se continuano ad aumentare i listini, come stiamo vedendo ancora adesso, non va bene, perché non abbiamo la possibilità di diminuire i prezzi o di bloccarli.

Questo perché lo avete già fatto nei mesi passati e non avete più margine per contenere i prezzi finali?

Certo. Per alcuni fornitori potremmo anche sostituire il prodotto, ma per tutti gli altri non possiamo togliere i prodotti dagli scaffali. In realtà, obtorto collo, siamo costretti ad accettare i listini.

Ma questo aumento dei listini è giustificato o c’è qualcuno che ci specula su?

Qualcuno fa speculazione, anche se è qualcuno rispetto alla media che non lo fa. E questo un po’ incide.

Secondo Eumetra uno dei motivi che inducono ad acquistare di meno è anche la diminuzione del potere d’acquisto. Quanto conta questo aspetto?

Ci sono una variabile e una invariabile: la prima è l’inflazione che sale, la seconda è il reddito che non cambia.

Sugli acquisti inciderebbe anche la consapevolezza dei cambiamenti climatici. L’ansia per il riscaldamento globale fa comprare meno?

I clienti sono preoccupati della sostenibilità e noi siamo dalla loro parte. Ma si tratta di una preoccupazione che non incide sulle vendite. Anzi, paradossalmente quando fa caldo si vende di più. Se non è così elevato da non permettere di andare al punto vendita almeno bevande e gelati, i prodotti estivi, si vendono di più. L’analisi sulle preoccupazioni per il clima è perfetta ma non va a incidere sugli acquisti alimentari.

I dati dell’inflazione sono in diminuzione, cosa ci dobbiamo aspettare adesso?

La mia sensazione è che anche nel nostro settore, tendenzialmente, l’inflazione sia in diminuzione. Al di là dei listini. Anche perché non si può tirare troppo la corda. Anche l’industria ha a che fare con una contrazione dei volumi. Quando dovranno riferire agli azionisti del crollo dei volumi, dovranno cominciare a pensare che anche loro hanno aumentato un po’ troppo i prezzi. Per questo penso che la pressione dei listini possa fermarsi, portando a una diminuzione dell’inflazione per il consumatore finale.

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