Dopo aver visitato le comunità dell’Emilia-Romagna colpite dall’alluvione, Davide Prosperi ha scritto una lettera aperta al Corriere della Sera in cui racconta cosa ha visto. Non solo danni e sfollati, ma soprattutto segni di speranza per la vita. «Non è la prima volta che la natura ci travolge e ci fa sperimentare la nostra impotenza», premette il Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Infatti, cita il terremoto e la pandemia Covid. Ora ci sono fango e acqua. «Tutti hanno negli occhi quello che è successo: la melma che avvolge ogni cosa, i morti, le persone evacuate, le case senza elettricità, i campi allagati, gli allevamenti distrutti, l’acqua che porta via tutto», prosegue Prosperi. Alla paura e allo sconcerto, segue lo stupore: «Ci hanno però sorpreso l’operosità e la generosità di centinaia e centinaia di persone che si sono messe ad aiutare chi era nel bisogno». Prosperi fa riferimento alle persone che hanno aperto le loro case agli sfollati, ma anche a «chi ha cucinato giorni interi per i volontari accorsi a spalare, chi è arrivato da lontano per dare una mano».



Questo è senza dubbio «uno spettacolo di popolo», che è stato giustamente descritto dai media, «perché è grande l’esprimersi di una umanità che si spende in risposta al grido di chi è in difficoltà (magari il vicino di casa con cui fino al giorno prima litigavi per inezie)». Nella missiva Davide Prosperi parla di molti amici che si sono trovati di fronte ad un disastro immenso, ma non si sono persi d’animo. «Raccontano di una gratuità che rompe la misura del proprio calcolo, perché inaspettata e immeritata». Il Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione ricorda un amico che gli ha confidato di non voler ritinteggiare subito la casa, anche se è stata sommersa da acqua e detriti. «Il segno sul muro lasciato dall’acqua – dice – un domani gli ricorderà quanto è avvenuto. Ma attenzione: mi spiega che non gli ricorderà gli enormi danni subiti, non gli ricorderà tanto il male del volto violento della natura, quanto il bene ricevuto».



“IL NOSTRO CUORE HA BISOGNO DI MOLTO PIÙ DELLE COSE CHE POSSEDIAMO”

Chi è stato colpito dall’alluvione in Emilia-Romagna è testimone di una solidarietà che non vuole svanisca mai. «E chi non vorrebbe continuare a sentirsi utile, amato e sostenuto come in queste ore? Non è forse mille volte più bello vivere sempre in una compagnia fatta di uomini e donne che spalano, cucinano, abbracciano, sostengono, piangono con te e sorridono con te?», si chiede Davide Prosperi nella lettera al Corriere. Bisogna però riflettere già su cosa resterà di buono di questo impeto quando le cose torneranno alla normalità. Anche perché non c’è solo «la giusta esigenza di capire cosa sia accaduto e perché, ma anche la tentazione del dubbio, del sospetto, della recriminazione arida: un sentimento possibile, che rende il cuore duro più del fango incrostato. E che fa ritrovare, come spesso oggi accade, fondamentalmente soli».



Per il Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione bisogna evitare che le giornate difficili, ma cariche di affetto, siano solo un ricordo, ma rendere questa esperienza una lezione, a partire da ora. «Occorre il coraggio di compiere un passo in più, occorre dare un giudizio su ciò che è accaduto. Non a posteriori, quando le cose saranno andate più o meno a posto, ma adesso». Del resto, l’acqua ci sta ricordando ancora in questi giorni quanto siamo poco padroni delle nostre esistenze, «polverizzando le nostre ossessioni della performance nel lavoro, in famiglia, sui social, con gli amici». L’alluvione in Emilia-Romagna, scrive Prosperi, «ha reso evidente che non siamo padroni di nulla, e al tempo stesso che il nostro cuore ha bisogno di molto più delle cose che possediamo». Infatti, ci ritroviamo a chiederci cosa dia senso alla vita, da cosa derivi la nostra felicità. «Solo una bella casa pulita, la carriera, le scarpe di marca, un fisico perfetto?».

“LA BONTÀ DIVINA APPARE IN POSTI STRANI…”

Davide Prosperi si è allora chiesto, con gli amici colpiti dall’alluvione in Emilia-Romagna, come fare in modo che le domande sul senso della vita non cadano nel nulla. Il Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione ha già individuato un inizio di risposta, la cui semplicità la rende inattaccabile. Bisogna restare «attenti ai segni concreti che la realtà ci mette davanti, a partire da ogni gesto gentile ricevuto e non scontato». Prosperi prosegue: «Mi hanno raccontato che Don Giussani una volta fece questo esempio: quando si guida nella nebbia ed è tutto offuscato, pur essendo certi che esistono una strada e la meta si è molto più attenti ai segni (un cartello, una luce, una svolta) per non perdere la via». Lo stesso bisogna fare ora. «Così, in questi momenti di prova, si aguzza l’attenzione ai segni. Bisognerebbe imparare a vivere sempre così». Le persone colpite dall’alluvione, dunque, «sono state un segno per chi era immerso nella rabbia e nel dolore».

Anche noi, però, possiamo esserlo per gli altri. «Possiamo perdere le case e i campi, ma non il nostro cuore. E c’è un modo per tenerlo vivo: educare continuamente lo sguardo (e l’alluvione ci sta insegnando che la prima educazione è la presenza di amici che ci ritroviamo inaspettatamente compagni di strada) affinché la nostra umanità non si indurisca come il fango». Il riferimento è a tutta la nostra umanità, con le sue grandezze e piccolezze. «Tante volte avvertiamo il nostro limite e le nostre resistenze come un ostacolo all’avanzare di questo bene, eppure, come nella lampadina la resistenza è condizione per il diffondersi della luce, la nostra umanità diventa il mezzo per il diffondersi nel mondo di una luce che non è nostra, segno di qualcosa di più grande di noi». Infine, cita quanto scritto da McCarthy nel suo ultimo romanzo: «La bontà divina appare in posti strani. Tieni gli occhi aperti».