Da Milano a Cremona, da Bergamo a Mantova: migliaia di agricoltori e allevatori di tutta la Lombardia sono scesi in piazza con trattori e animali. Con il balzo dei beni energetici e le speculazioni sui prezzi, i compensi che vengono loro riconosciuti non riescono neppure a coprire i costi di produzione, “costringendo” imprese agricole e stalle a vendere sottocosto. Hanno però voluto manifestare pubblicamente la loro ferma intenzione di reagire a questo stato di cose ormai insostenibile.



“Le nostre non sono manifestazioni contro, ma manifestazioni per – spiega Paolo Carra, vicepresidente di Coldiretti Lombardia -. Vogliamo solo rivendicare il diritto di poter continuare a fare impresa. Ci sono costi di produzione che sono esplosi ed è quindi necessario che si faccia tutto quanto è possibile per supportare le aziende in questo contesto. Abbiamo bisogno di soluzioni, di sbloccare fondi e di poter fare il nostro lavoro”.



Che cosa vi ha spinto a scendere in piazza?

Siamo scesi in piazza per chiedere che i produttori di latte possano continuare a fare il loro lavoro. E’ assolutamente insostenibile che agli agricoltori vengano pagati per un litro di latte, nel migliore dei casi, 41 centesimi quando il costo di produzione ha raggiunto i 46 centesimi. Bisogna trovare al più presto dei correttivi, altrimenti c’è il rischio che il settore primario non possa resistere, se non addirittura saltare.

Come si è arrivati a questa situazione?

I forti rincari di tutte le materie prime stanno colpendo in modo duro e trasversale tutto il sistema agricolo.



Voi puntate il dito non solo sui rincari delle materie prime, ma anche sulla speculazione. Perché?

La speculazione dipende dal fatto che oggi non si vuole riconoscere il giusto prezzo ad alcuni prodotti agroalimentari. Abbiamo dei contratti la cui metodologia è diventata non più sostenibile, è superata, è al di fuori di ogni realtà economica che oggi stiamo vivendo. Non era previsto quello che è successo, ma è chiaro che non si può strangolare il settore agricolo perché si vogliono mantenere immutati i prezzi

Come primo anello della catena della filiera vi sentite i più penalizzati?

Sì, in questo momento siamo davvero l’anello debole.

La filiera del latte è quella che soffre di più?

Tenga presente che la Lombardia produce intorno al 46% dell’intera produzione nazionale di latte, pari a 110 milioni di ettolitri. E’ la spina dorsale del sistema agricolo regionale.

Ci sono altre filiere in difficoltà?

I rincari colpiscono un po’ tutte le filiere, ma il settore suinicolo deve fare i conti con aumenti medi dei mangimi pari al 45%, l’energia elettrica tra il 70 e il 100% e i concimi addirittura del 140%. Si mette a rischio la produttività stessa.

Che cosa rischiamo?

Molti agricoltori stanno rinunciando alle concimazioni sui frumenti e questo si tradurrà in una raccolta più bassa. E a rischio c’è l’annata di altre colture, perché i mezzi agronomici stanno raggiungendo prezzi impossibili. O la filiera sarà in grado di assorbire i costi maggiori, altrimenti qualcuno potrebbe fare anche delle scelte molto radicali. Cioè alcune colture, come il pomodoro, potrebbero perdere interesse.

Potremmo avere scaffali vuoti?

In questo momento no. E’ inevitabile però che, a breve, ricadrà sui consumatori un’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari.

Che soluzioni proponete per il settore del latte?

C’è stata la convocazione di un tavolo latte in Regione Lombardia, alla quale abbiamo chiesto di farsi portavoce delle nostre istanze presso il mondo dell’industria e della grande distribuzione per far sì che il settore primario venga sostenuto e non abbandonato a se stesso. Non possiamo resistere. Non chiediamo aiuti particolari, ma misure minime.

In concreto?

Che ci sia una ripartizione più equa e sostenibile dei costi produttivi e una valorizzazione dei costi di produzione sostenuti da agricoltori e allevatori.

Altre richieste specifiche?

Ci sono dei fondi nel Pnrr, ad esempio per l’agrivoltaico, già stanziati e destinati per la copertura dei tetti di tutte le aziende agricole e stalle, che potrebbero aiutare il sistema a ridurre di molto i costi delle bollette e garantire un bel passo in avanti alla cosiddetta transizione ecologica.

Il vostro destinatario è il governo? E lei è ottimista sul fatto che le vostre istanze verranno accolte?

Abbiamo stilato un documento consegnato a tutte le Prefetture affinché venga inoltrato al governo. E io resto ottimista, convinto come sono della consapevolezza di quanto sia importante l’autonomia alimentare, visto che molti prodotti vengono importati dall’estero. Abbiamo visto cosa è successo con il gas. Se lo immagina cosa potrebbe accadere se qualcuno decidesse di chiudere le forniture di generi alimentari? Non possiamo certo perdere un pezzo di agricoltura, che può garantirci l’autonomia alimentare.

(Marco Biscella)

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