La deroga dell’UE sull’uso dei pesticidi e dei fitofarmaci non fa che sviare il problema. La protesta degli agricoltori riguarda altro, e sui temi sollevati in Italia, come in Francia e in Germania, la risposta latita.

La richiesta, dice Davide Paracchino, viticoltore, uno dei coordinatori della sezione di Cuneo del Movimento Indipendente Agricoltori, portavoce della protesta, è semplicemente di essere trattati come gli altri: che i prodotti che fanno concorrenza a quelli italiani, per esempio, vengano controllati come i nostri, che venga indicato esplicitamente non solo il luogo di lavorazione ma anche la provenienza della materia prima. E poi che ci sia una vigilanza sui prezzi, per spiegare il motivo dei pesanti ricarichi nel passaggio dal produttore al consumatore, per capire come mai, se il grano viene trasportato in Italia in nave da altri continenti, alla fine sembra che il costo di quel tragitto non influisca, tanto che chi fa acquisti finisce per pagarlo meno di quello italiano, nonostante le spese di trasporto di quello di provenienza straniera siano notevolmente superiori.



La richiesta, insomma, è solo che non ci sia disparità di trattamento. Per ora, comunque, dopo un mese di protesta, le risposte sono ancora perdute nel vento. Per questo gli agricoltori continueranno a manifestare, fino a che le loro istanze non verranno seriamente prese in considerazione.

Uno dei temi che il vostro movimento ha messo sul tavolo è quello dei prodotti provenienti dall’Ucraina, sostenuti anche con progetti specifici. Qual è il problema vero che volete sottoporre alle autorità?



Prima di affrontare questo argomento, vorrei ribadire che ci dissociamo totalmente, come mondo agricolo, dalla decisione comunicata dalla presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen, di ritirare la legge sulla riduzione dei pesticidi. Non è una cosa che abbiamo chiesto e non vogliamo passare per quelli che inquinano. Anzi, tutto il contrario.

Ci spieghi.

Chiediamo garanzie non solo per quanto riguarda il prodotto che arriva al consumatore, ma anche per la salute degli agricoltori.

Sull’Ucraina, invece?

Sull’Ucraina è appena stato annunciato un progetto in Piemonte che prevede di far arrivare il grano coltivato in quel Paese a Parma, dove viene trasformato in farina per giungere in uno stabilimento di Alessandria ed essere utilizzato per produrre grissini e altri alimenti. All’inaugurazione c’erano anche l’assessore regionale piemontese all’Agricoltura e altri, che sono venuti alle nostre manifestazioni. Noi è venti giorni, se non un mese, che manifestiamo chiedendo risposte che non arrivano e veniamo ripagati con questa carta.



La concorrenza di altri Paesi ormai è una cosa normale in un mercato globale come è diventato anche quello alimentare. Per quale ragione contestate la presenza di prodotti stranieri?

Oggi anche il made in Italy non si sa se sia veritiero o meno. Anche quello che figura come tale in realtà può essere lavorato in Italia con grano, uva o altro che viene dall’estero. E viene presentato come italiano. Una delle nostre battaglie è proprio questa: deve essere indicato qual è la provenienza del prodotto. Ci vuole una vigilanza su questo. Così come sulla formazione dei prezzi.

Come funziona?

È oggetto di speculazione. Qualcosa che a noi viene pagato 20 centesimi al chilo al cliente finale costa 3 euro. Occorre un’Autorità che tenga d’occhio questo aspetto. Questa differenza va spiegata al consumatore. Se la materia prima arriva da fuori confine magari viene pagata anche meno, ma poi c’è tutto il trasporto: come è possibile che venga messa in vendita allo stesso prezzo dei prodotti italiani o a prezzi inferiori? Capiamo che in Ucraina c’è la guerra e comprendiamo di dover essere solidali. Ma mi sembra che a livello italiano ed europeo lo siamo stati a sufficienza solidali, per  questo conflitto. Oggi siamo noi a chiedere un aiuto e non ci stanno rispondendo. È una dichiarazione di guerra contro di noi? Vogliono che facciamo come Francia e Germania o peggio? O ci prendono in giro?

Quindi non avete niente contro l’Ucraina, vi aspettate però che vengano prese in considerazione le vostre esigenze?

Sì. Alla fine poi è il consumatore che ha il potere. Il grano ucraino che diventa farina in Italia, viene utilizzato per realizzare altri prodotti e venduto con il marchio made in Ucraina, forse è più titolato del nostro, c’è una filiera che viene specificata. È una tutela giusta per il prodotto ucraino. E la nostra tutela, invece, dov’è? Andiamo a comprare un pacchetto di farina e non sappiamo il grano da dove arriva. Vorremmo che tutte le farine fossero trattate nello stesso modo rendendo chiaro il luogo di lavorazione e la provenienza. La nostra richiesta è che ci sia trasparenza su tutti i prodotti. Che tutte queste fasi vengano specificate e non indicate con dei codici: il consumatore quando fa la spesa deve capire subito con cosa ha a che fare.

La vostra protesta, quindi, adesso continuerà?

Per quello che riguarda il Piemonte, continuerà in questi giorni, il 14 e 15 ad Asti, il 16 ad Alba e poi si torna ad Asti. Ma la protesta andrà avanti anche nelle altre regioni. Sempre restando nei limiti indicati dalla legge. Ma vogliamo risposte. Attraverso i consorzi è da tre mesi che abbiamo chiesto la moratoria dei mutui per il settore vitivinicolo. Anche qui zero risposte.

La protesta di Sanremo come è andata?

Io ho fatto solo una toccata e fuga. Ho visto che Amadeus ha letto un breve documento su quello che sono le richieste del mondo agricolo, ma abbastanza lontano da quello che abbiamo chiesto veramente. Era un po’ edulcorato. Non so se si è capito il senso della nostra protesta, è stato filtrato un po’ troppo. Io ho 27 anni e mi sto mettendo in gioco anche per il mio futuro: noi pensiamo di non essere tutelati, ma non stiamo chiedendo contributi o privilegi, vogliamo essere trattati come gli altri, tutelando il consumatore e la nostra salute. Ci basta il giusto prezzo per il nostro prodotto.

(Paolo Rossetti)

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