Protestano contro le politiche europee, contro la PAC (Politica agricola comune) che impone condizioni capestro, contro l’introduzione della farina di grillo e della carne sintetica e la decisione della UE di lasciare incolti i terreni ogni due anni con un “premio” di 1500 euro a ettaro, giudicato assolutamente insufficiente. Gli agricoltori che anche in Italia hanno mobilitato i loro trattori per chiedere la protezione dei loro prodotti e condizioni di lavoro più eque per le aziende snocciolano una serie di problemi che vanno dai costi alla burocrazia, ai guadagni esigui se non inesistenti. Chi produce le mele se le vede pagare 20 centesimi al chilo mentre al supermercato il prezzo al chilo è di 2 euro e mezzo o 3, se non di più. La carne agli allevatori viene pagata 4 euro al chilo mentre i consumatori la trovano a 20-25 euro. Rincari del 300%: inaccettabile. Vogliono che sulle etichette di tutte le confezioni ci sia la provenienza: non basta mettere extra-UE o UE, bisogna specificare ad esempio il tipo di grano, da dove viene e come è stato fatto; dal Canada arriva un grano coltivato ed essiccato con il diserbante, con il glifosato.



In piazza non manca nessun settore dell’agricoltura: protesta chi fa il latte, la carne, i coltivatori di grano, cereali, riso e mais, i viticoltori. “Andremo avanti – spiega Davide Paracchino, viticoltore, uno dei coordinatori della sezione di Cuneo del Movimento indipendente agricoltori, portavoce della protesta – fino a quando l’Europa non ci darà nero su bianco tutto quello che abbiamo chiesto”. E il ritiro delle norme sui pesticidi da parte della Von der Leyen non basta: è solo un contentino, i problemi sono ben altri.



Contro chi è rivolta principalmente la protesta degli agricoltori, contro l’Unione Europea?

Parte degli agricoltori hanno indicato come priorità le norme europee. Noi vogliamo una tutela del prodotto italiano. Il consumatore va a fare la spesa, compra una bottiglia di vino e ci vede scritto made in Italy, imbottigliato in Italia, prodotto italiano, poi non si sa se il mosto arriva dalla Spagna, dove usano prodotti fitosanitari che da noi hanno abolito da 10-15 anni. Idem per i cereali: vediamo scritto provenienza Ue o extra Ue, vuol dire tutto e niente. Il grano magari arriva dal Canada dove gli danno il glifosato per farlo seccare. La protesta non è solo contro l’Europa ma anche per la nostra salute. Vogliono mettere in commercio farina di grillo e carni sintetiche e noi che produciamo farine, vino, carni da una vita, che siamo super controllati, all’avanguardia in tutto, cosa facciamo con questi prodotti?



Intanto la Von der Leyen ha ritirato la legge sui pesticidi, una prima vittoria della vostra protesta?

Non serve a niente, non vogliamo quello. Per noi meno si danno pesticidi meglio è per la nostra salute. Ci vogliono dare un contentino, ma questo discorso non ci tocca. Anzi, cercano di farci passare come quelli che vogliono inquinare. Ma non è così.

Uno dei problemi principali, comunque, resta quello dei prezzi. Gli agricoltori lamentano di essere pagati troppo poco mentre altri si arricchiscono sul commercio dei loro prodotti. È così?

Se guardiamo ai supermercati viene pagato di più il prodotto che viene dall’estero. Il cereale che a noi viene pagato 18-20 euro al quintale, trasformato in farina il consumatore lo va a pagare tre volte tanto. Stessa cosa per le mele.

Come mai i costi lievitano così tanto prima di arrivare all’acquirente finale?

È quello che ci chiediamo, c’è una speculazione da parte della grande distribuzione in cui c’entrano anche le regole della UE. A noi i prezzi vengono imposti. Ci sono dei bollettini che indicano la cifra che ci spetta, poi viene tolta ancora una minima percentuale e noi siamo già sotto i prezzi di costo. È un prezzario a cui dobbiamo adattarci. Non si può più andare avanti così.

Ma il prodotto che arriva dall’estero non è tracciato come il nostro?

No. Dicono a noi che inquiniamo con i fitosanitari, ma forse inquinano di più le navi che viaggiano per settimane o per mesi trasportando grano. Non si riesce a capire perché nonostante questo viaggio poi il prodotto al supermercato venga a costare meno di quello italiano.

I problemi di costi poi sono particolarmente rilevanti anche per il carburante?

Cinque o sei anni fa il gasolio agricolo lo pagavamo 0,45 euro al litro più Iva, oggi ha un prezzo di 1,20-1,25 più Iva, costi più che raddoppiati. Non ci stiamo più dentro. Già prima non avevamo grandi guadagni, oggi ancora di meno.

All’Europa contestate anche la norma per cui ogni due anni bisogna fare riposare i terreni con indennizzi risibili?

Questo è un problema però che riguarda i colleghi che coltivano cereali. Il mio settore, quello delle uve, non c’entra, così come non incide la PAC con i suoi contributi: da questo punto di vista non abbiamo mai preso niente. Quello che posso dire è che a oggi un’azienda per comprare un trattore deve utilizzare dei contributi, perché altrimenti economicamente non riesce a farlo. Non vogliamo vivere di contributi, ma di quello che produciamo.

Uno dei temi sui quali chiedete dei cambiamenti sostanziali è quello della burocrazia: quanto incide sulla vita di un’azienda e cosa chiedete di cambiare?

C’è una burocrazia infinta. Nella mia zona, Santo Stefano Belbo, abbiamo la produzione di moscato d’Asti. Sono tre anni che viviamo in piena siccità e per questo abbiamo fatto richiesta sei o sette anni fa, prima ancora che il problema si presentasse così come è oggi, per realizzare degli invasi vicino ai fiumi, delle raccolte acqua. A oggi nessuno ci ha risposto. Due anni fa abbiamo fatto domande per realizzare dei pozzi, abbiamo lasciato perdere.

Ma anche nella conduzione ordinaria dell’azienda avete degli obblighi non così necessari che intralciano il vostro lavoro?

Ci chiedono molti patentini da rinnovare ogni quattro o cinque anni, la taratura degli atomizzatori, a volte fatta da persone incompetenti solo per prendere soldi. Solo per le pratiche di assunzione oggi si parla almeno di 180-350 euro. Se dobbiamo fare in modo che gli assunti conseguano i patentini necessari per avere una persona a stagione non bastano mille euro. Un’esagerazione.

Voi rappresentate un movimento autonomo, come mai vi siete staccati dalle associazioni di categoria più conosciute come, ad esempio, Coldiretti, CIA, Confagricoltura?

Fino a oggi, quando abbiamo battuto i pugni per la tutela dei prodotti, non hanno ottenuto risultati positivi. Adesso che ci siamo mossi sembra che tutti vogliano fare qualcosa per farsi pubblicità. Come Coldiretti: fino a ieri erano seduti a far niente, adesso partono e vanno a Bruxelles. Per non risolvere niente. I soldi che hanno usato per andare lì potevano utilizzarli per fare ricerche utili per i contadini.

Quando finirà questa protesta?

Non è una protesta che finirà. È solo un antipasto. Non vorremmo arrivare a quello che hanno fatto in Francia e in Germania. Sta all’Italia e all’Europa. Barricarsi come ha fatto la UE dietro il filo spinato quando ci siamo recati nelle sedi europee per protestare è come ammettere una colpa. Andremo avanti fino a che non otterremo chiarimenti su tutti questi punti. Non siamo disposti a compromessi. E non succederà, come dicono in tanti, che a marzo tutto finirà perché avremo da lavorare.

Avete avuto qualche assicurazione o promessa dal governo italiano?

No, a oggi niente.

(Paolo Rossetti)

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