Dovrebbe esserci un certo feeling naturale tra gli agricoltori che protestano e questo Governo: una specie di empatia, di solidarietà di classe come avviene – secondo i sondaggi – per il 54% degli italiani che considerano giuste le proteste del mondo agricolo.

Per contro questo mondo “verde ma non green” comprende benissimo che la Meloni è più o meno in linea con le loro richieste, almeno quelle più ragionevoli, ma tutti sanno che il Governo si muove su un terreno difficile, perché Bruxelles è pronta a negare parte di quello che Roma sarebbe disposta a concedere.



Una specie di alleanza sociale diventa così anche alleanza politica, cementata dalla difficile gestione concreta della PAC comunitaria legata a troppi interessi contrapposti sia a livello mondiale che continentale e perfino a livello italiano, visto che le categorie agricole sono moltissime e spesso con interessi palesemente contrastanti. Lo si è visto anche nella difficoltà di preparare un documento unitario da leggere sul palco di Sanremo, diventato una sorta di minestrone e di tribuna dove tutti gli ingredienti fanno brodo per un po’ di audience, ma dove chi non appare non esiste.



Tornando al mondo dei trattori, si è scatenata anche una specie di gara a chi rappresenti politicamente una categoria che, da ex feudo DC, è ora in maggioranza schierata a destra, e quindi utile bacino di voti soprattutto in vista di giugno.

Ecco quindi una corsa ad intestarsi meriti, vedi il gioco al rialzo tra la Meloni e Salvini per le esenzioni Irpef anche se, diciamocelo chiaro, di imposte gli agricoltori ne hanno comunque sempre pagate pochine. Si può giocare qualcosa sui costi assicurativi e forse sugli sgravi al carburante, ma poi ci sono altri paletti che a Bruxelles sono ben più difficili da superare.



Innanzitutto il problema della concorrenza extra-UE, che si presenta con prezzi inferiori a quelli interni, potendo produrre con metodi e costi spesso incomparabilmente minori dei nostri, e poi la questione degli incentivi e dei finanziamenti.

In Europa ciascun governo ha sempre giocato in chiave interna e, per esempio, portando più voti l’agricoltura centro-europea ha goduto di più attenzione delle culture mediterranee, ma cambiare la rotta degli aiuti è oggi difficile.

Come fondamentale diventa la questione dei finanziamenti. Un mercato può essere speculativo, quello commerciale o industriale può giocare la leva dei prezzi, ma l’agricoltura impone investimenti (e finanziamenti) a lungo termine e la terra non può rendere ai tassi stabiliti dalla BCE e chi si indebita è perduto.

Ci sono le produzioni di nicchia, certo, ma non possono bastare e la stessa qualità italiana spesso si perde tra le etichette estere abusive, i dazi che pesano sugli ingressi nei mercati altrui e la realtà di un mondo agricolo italiano “piccolo” rispetto alle distese sconfinate delle produzioni intensive.

È qui che il governo vorrebbe contare di più, ma in Europa il mondo agricolo è ovunque sul piede di guerra e in tutti i Paesi vengono al pettine politiche agricole spesso assurde dove – per esempio – per sostenere i prezzi si distruggono coltivazioni e prodotti perché conviene di più ottenere l’incentivo comunitario che coltivare. Di conseguenza l’agricoltura europea si ribella a una politica agricola comune che costa moltissimo alle casse comunitarie ma non risolve i suoi problemi, anche se il mondo contadino di oggi in Italia (e in Europa) è completamente diverso da quello di mezzo secolo fa.

Eppure l’agricoltura conta non solo economicamente ma anche per identificare un mondo, una civiltà, una cultura che già è in via di potenziale estinzione. Per questo il Governo Meloni vorrebbe coltivare un ruolo privilegiato con questo mondo, grimaldello identitario che può contribuire domani a far saltare il banco (politico) a Bruxelles. Si rischia grosso, però, perché – come ogni giorno per la globalizzazione produttiva, l’ambiente alterato e i pesticidi spariscono tante specie di insetti – così altrettante aziende agricole italiane ed  europee scompaiono, spesso sommerse proprio da quegli stessi obblighi “green” che dovrebbero aiutarle.

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