Mentre stiamo scrivendo le notizie sono ancora frammentarie, ma tutto indica che domenica a Cuba sia esplosa una protesta popolare contro le condizioni sociali disastrose in cui versa il Paese che, partendo dalla cittadina di Antonio de los Baños, a 30 km dalla capitale, La Avana, si è successivamente diffusa in molti altri centri dell’isola.
Secondo quanto ci informano molte fonti, si tratta della più grande manifestazione spontanea che sia mai accaduta, e la sua gravità è dimostrata dalle dichiarazioni che il Presidente Miguel Diaz Canel (che è succeduto a Raul Castro) ha concesso ai media locali, inviando l’ordine di combattere tutti i seguaci della rivoluzione attraverso una presenza repressiva in tutte le aree del Paese dove si verifichino queste proteste.
Camion pieni di militari armati sono stati inviati ai quattro angoli del Paese ed è in atto una repressione delle proteste, che però si diffondono e moltiplicano nonostante nell’isola Internet sia sottoposta a un’intensa vigilanza da parte delle autorità.
La situazione sociale ha ormai oltrepassato i limiti e questa è la ragione principale delle proteste. A essa si è aggiunto un panorama preoccupante a livello sanitario, con un incalcolabile aumento non solo dei contagi e morti per Covid-19, ma anche una scarsissima vaccinazione e una situazione ospedaliera che ha ormai raggiunto il collasso totale.
Proprio ieri gli Stati Uniti sono intervenuti e, attraverso un comunicato, hanno condannato qualsiasi forma repressiva nei confronti delle pacifiche proteste: a esso si è aggiunta una dichiarazione da parte della Russia che stigmatizza e condanna qualsiasi ingerenza di altre nazioni nella situazione del Paese Caraibico.
“Abbasso la dittatura!”, “Che se ne vadano tutti”, “Patria o vita!” sono alcuni degli slogan urlati da una popolazione che ormai non ne può più dello stato di indigenza al quale è sottomessa da decenni.
Contemporaneamente a ciò, vistA l’ondata di notizie che si sta propagando nel mondo, nella città di Miami, dove risiede la principale (e potente) comunità cubana degli Stati Uniti, da sempre forte oppositrice del regime castrista, si stanno svolgendo manifestazioni di appoggio alla protesta che dilaga in Patria.
“Difenderemo la Revolucion Cubana a qualunque prezzo sia necessario!”, ha proclamato il viceministro degli Esteri, Gerardo Peñalver, in un tweet accompagnato da un video di simpatizzanti comunisti che marciano gridando “Io sono Fidel!” e brandendo bandiere cubane. Un collega giornalista presente in loco ci conferma che “questa è la protesta più importante che è successa a Cuba negli ultimi 62 anni, dal punto di vista della reazione e del malcontento della gente nei confronti del Governo. Questo supera quello che era successo nel cosiddetto ‘Maleconazo’, il 5 agosto 1994, dove ci furono manifestazioni di persone sempre contro il Governo”.
Quel giorno alcune navi cariche di profughi cubani diretti clandestinamente a Miami furono intercettate: questa fu la miccia che fece esplodere manifestazioni violente specie nel lungomare dell’Avana (il famoso Malecon) nel quale si svilupparono scontri dapprima con la polizia e poi con l’Esercito che intervenne per sedare la protesta. Fortunatamente non si registrarono vittime (almeno così pare) e Fidel Castro, allora al potere, organizzò una contromanifestazione di fedeli al suo regime il giorno successivo.
La situazione attuale invece pare al momento incontrollabile anche perché si sta sviluppando nella gran parte dell’Isola e non in un’area limitata come nel 1994.
Per questa ragione il Governo ha deciso non solo di interrompere l’energia elettrica e Internet in molte città del Paese, ma anche di far intervenire i famosi “Boinas Negras” (Berretti neri), lo squadrone di repressione più temuto di Cuba. “Riconosciamo la legittima protesta della società cubana per medicine, alimenti e libertà fondamentali”, ha sostenuto in un comunicato il Segretario generale dell’Osa (Organizzazione degli Stati americani) Luis Almagro, che ha anche dichiarato di condannare il regime dittatoriale cubano per gli inviti a reprimere e a lottare contro chi esercita il suo diritto di protestare.
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