Dopo le proteste scoppiate in Francia, Emmanuel Macron potrebbe procedere con la regolamentazione dei social network. C’è chi grida alla censura di Internet e chi ritiene sia una mossa per proteggere la nazione che guida dai disordini. Di fatto, il rapporto che Macron ha con il mondo social è destinato a cambiare. Se nel 2018 conferiva la cittadinanza francese al fondatore di Snapchat, Evan Spiegel, per gli eccellenti servizi resi alla nazione, ora potrebbe provare a limitare il social. Snapchat, infatti, ha avuto un ruolo molto importante nei disordini. Sull’app i giovani rivoltosi hanno caricato video delle proteste e si sono incitati a vicenda. Molti ragazzi hanno dichiarato di aver fatto a gara su Snapchat e Tiktok per vedere chi riusciva a postare i filmati di violenza più impressionanti.
Come evidenziato da Frankfurter Allgemeine Zeitung, i sindacati di polizia francesi hanno sottolineato, inoltre, il ruolo importante svolto dai social nell’ostacolare il lavoro delle forze dell’ordine, visto che i rivoltosi ad esempio si mettevano d’accordo su Internet per creare blocchi stradali, impedendo alla polizia di raggiungere rapidamente i luoghi degli scontri. Se consideriamo che l’81% dei francesi di età compresa tra gli 8 e i 19 anni possiede un account Snapchat, secondo un sondaggio condotto dall’istituto Audirep nel 2021, è evidente come questo seguito desti preoccupazione per Macron.
MACRON “SOCIAL? DIVIETI DA METTERE IN ATTO…”
David Le Bar, segretario generale del sindacato di polizia SCPN, ha dichiarato che la polizia si è imbattuta in imboscate e barricate perfettamente costruite. I giovani si dileguavano rapidamente e coordinavano in tempo reale per riorganizzarsi durante gli scontri con gli agenti di polizia. Le Bar ha rimarcato questo aspetto, perché rappresenta una grande differenza rispetto alle rivolte delle banlieue del novembre 2005, quando i rivoltosi erano rimasti isolati gli uni dagli altri. In un incontro con oltre 200 sindaci, Macron si è confrontato proprio sui social network e su come stiano alimentando le proteste in Francia.
La situazione si è calmata, ma il governo francese teme che i disordini possano ricominciare nel giorno festivo del 14 luglio. «Dobbiamo pensare ai social network, ai divieti che dobbiamo mettere in atto. E se la situazione ci sfugge di mano, potremmo doverci mettere nella posizione di regolamentarli o chiuderli», il monito di Macron. Secondo gli esperti, è possibile bloccare in modo specifico l’accesso ai social network. Peraltro, in passato, Macron non si è lasciato fermare dalle critiche che lo mettevano in guardia dalle restrizioni alla libertà di espressione.
PROTESTE IN FRANCIA, SOCIAL NEL MIRINO DI MACRON
Nel frattempo, il portavoce del governo Olivier Véran ha respinto le voci secondo cui l’esecutivo starebbe puntando a un blackout totale e temporaneo di Internet in caso di altre proteste in Francia, come avvenuto in Turchia, Cina o Iran. «Macron non ha mai detto che sta pensando di chiudere le reti nel senso di un blackout generale», ha dichiarato. In realtà, starebbe prendendo in considerazione la sospensione temporanea delle funzioni di geolocalizzazione, per esempio. Per Etienne Drouard, avvocato che si occupa di protezione dei dati, le restrizioni mirate sono legalmente possibili se servono a ripristinare l’ordine pubblico e sono «proporzionate». Dunque, la Francia potrebbe approvare un decreto in tal senso, sul quale il Consiglio di Stato dovrebbe prendere posizione e verificare la proporzionalità della misura.
Invece, Stéphanie Lamy, cofondatrice dell’associazione Danaides per le campagne internet senza scopo di lucro, dubita dell’utilità di un blocco di internet. Se Snapchat venisse bloccato, gli utenti passerebbero ad altri servizi. Intanto un portavoce di Snapchat ha dichiarato all’agenzia di stampa AFP che la società rimuove i contenuti segnalati dagli utenti o scoperti dai propri dipendenti e prende «misure appropriate». Meta ha dichiarato di non poter pubblicare su Facebook e Instagram contenuti che incitino all’odio o alla violenza, di essere in costante contatto con le autorità e di aver istituito un gruppo di lavoro per intervenire il più rapidamente possibile.