Il nuovo protocollo per le cure Covid a casa è stato accolto favorevolmente dai medici italiani. Più precisamente, si tratta di un aggiornamento delle linee guida per la gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, redatto dal Ministero della Salute. I consigli per i professionisti della sanità sono inglobati in una circolare diramata giovedì e resi necessari dalla disponibilità di nuovi farmaci antivirali e anticorpi monoclonali. Sintetizzando al massimo le norme, l’esortazione rivolta ai medici è quella di tenere in assoluta considerazione le pillole Merck e Pfizer per il trattamento domiciliare dei pazienti positivi si invitano i medici a tenerle in assoluta considerazione per il trattamento domiciliare dei positivi.



Tuttavia, la raccomandazione è di destinarle prioritariamente a coloro che hanno contratto un’infezione “lieve-moderata di recente insorgenza, non ospedalizzati e non in ossigenoterapia, e che presentino fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi di malattia”. Ciò che conta realmente è snellire i tempi di somministrazione, in quanto gli antivirali devono essere assunti nell’arco di cinque giorni dall’insorgenza dei primi sintomi, anche se non sempre questo è possibile, in quanto i medici di base possono segnalare il caso, che tuttavia deve poi recarsi in ospedale a ritirare il farmaco, rischiando di incorrere in intoppi o ritardi.



PROTOCOLLO CURE COVID A CASA: NON SOLO GLI ANTIVIRALI

Il protocollo per le cure Covid a casa contempla anche l’assunzione di alternative agli antivirali. Ad esempio, per i casi con lieve sintomatologia è consigliata l’assunzione di paracetamolo e di Fans, mentre nei casi precoci viene ricordata la disponibilità dei trattamenti con monoclonali in soggetti con immunodeficienza che presentino una prolungata positività al tampone molecolare. Sconsigliati, invece, l’uso empirico di antibiotici, l’idrossiclorochina, la modifica delle terapie croniche per altre patologie o l’uso di benzodiazepine.



Infine, è raccomandato l’uso dei corticosteroidi, ma solo “nei soggetti ospedalizzati e intubati con malattia grave” oppure “a domicilio solo in soggetti che presentano fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe e qualora non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere”.