Tempi difficili, di una ripresa che, malgrado la situazione pandemica sia in via di netto miglioramento, presenta ancora tante incertezze. Il mondo del turismo incrocia le dita, confidando ed investendo sul futuro prossimo, ma l’ospitalità resta ancora in bilico, con le situazioni più pesanti che ristagnano nelle città d’arte, private ancora dell’ossigeno dei turisti internazionali, specie da Cina, Russia, Oriente, Americhe. In una perdurante fragilità, molte imprese ricettive non sono ancora tornate a regime, stritolate da presenze esigue e a singhiozzo, da spese (soprattutto quelle per l’energia) in crescita costante e da un credit crunch che non agevola. Una situazione assolutamente favorevole per le speculazioni, che si traducono in acquisizioni di strutture spesso di storia e prestigio da parte di fondi stranieri, ma a volte anche da parte di capitali opachi, che possono nascondere sorprese sgradite.



È quindi con estremo interesse che il mondo dell’hospitality italiana ha visto nascere ieri il primo “protocollo per la legalità”, un manifesto siglato a Roma dalla Direzione nazionale e dalla Direzione investigativa antimafia e da un’associazione privata di categoria, Confindustria Alberghi, presenti il procuratore antimafia uscente, Federico Cafiero de Raho (a giorni in pensione), il suo successore reggente Giovanni Russo, il direttore DIA Maurizio Vallone, e la presidente di Confindustria Alberghi, Carmela Colaiacovo.



“Dopo un periodo di gravi penalità – dice Colaiacovo -, il nostro settore oggi si trova in una salita che nasconde rischi enormi. Siamo un comparto appetibile, ancor più proprio viste le nostre difficoltà. Un monitoraggio sembra quindi indispensabile, riconosciuta la nostra sostanziale debolezza, e lo Stato rappresenta il partner ideale per liberarci da dubbi e tranelli. Abbiamo lavorato con DIA e DNA per raggiungere questo primo risultato, il protocollo, e poi un tavolo permanente, da allargare il più possibile”. Perché le porte sono aperte: i primi firmatari confidano che altre rappresentanze di categoria possano aderire all’iniziativa.



“Il protocollo funziona su base volontaria – precisa ancora Colaiacovo -: le nostre imprese vi devono scorgere un’opportunità, non un obbligo. Verranno forniti i nostri dati, in forma anonima, soprattutto sulle forniture e i servizi. Ovviamente, non si tratta di verificare l’idoneità antimafia dei prestatori d’opera, ma di monitorare che non vi siano impermeabilità che nascondano malaffari”. Ad un habitat così controllato, insomma, saranno affidate la garanzia e la serenità degli operatori e l’integrità del tessuto immobiliare dell’ospitalità italiana.