L’attacco iraniano a Israele arriva tra il 13 e 14 aprile, nella notte, con trecento droni e missili, ma procura pochissimi danni. La risposta di Israele avviene nella sera del 19 aprile, contro una base militare iraniana, nella zona della bellissima e antica città di Isfahan. E anche in questo caso i danni provocati sono limitati, contenuti, come gli israeliani avevano promesso al presidente americano Biden.
Le due azioni sono collegate, perché il primo attacco è la risposta all’azione molto più pesante fatta da Israele a Damasco, in Siria, il 1° aprile. Che cosa è avvenuto con quell’attacco in Siria contro un obiettivo iraniano? Molti hanno sottolineato in quell’occasione che si è superata una sorta di “linea rossa”. L’attacco era avvenuto contro l’ambasciata dell’Iran a Damasco, là dove qualcuno era riuscito a far sapere che c’era uno dei nuclei operativi più importanti dell’Iran. E infatti il raid ha provocato la morte di diversi pasdaran, ma soprattutto quella del generale Mohammad Reza Zahedi, uno dei personaggi più importanti sotto il profilo operativo per il regime di Teheran.
Ma perché si parla apertamente del superamento di una “linea rossa”? Per la semplice ragione che se Israele compie da anni incursioni di ogni tipo in territorio siriano, questa volta ha colpito la sede diplomatica ufficiale di un Paese membro delle Nazioni Unite, violando in questo modo un diritto sancito dalla consuetudine internazionale che vede consolati e ambasciate come luoghi “inviolabili”. Il fatto, in questo caso, potrebbe essere giudicato ancora più grave considerando che il tutto avviene in un Paese che ufficialmente non è, in questo momento, belligerante.
Ma queste considerazioni di carattere giuridico internazionale possono ancora avere valore nel caos pericoloso, imprevedibile e denso di incognite del Medio Oriente?
Vedere quante volte si sono violati durante le guerre i princìpi, che dovrebbero esistere anche nei conflitti armati, oppure fare un conto delle minacce in un contesto prebellico, sarebbe un compito da statistici. Ma se è impossibile farlo, non è possibile non tenerne conto e sottolinearlo in modo inquietante e drammatico.
Allora il punto da vedere in questo mese di aprile, che ha visto l’attacco israeliano contro l’Iran in Siria, la risposta dell’Iran e la contro-risposta di Israele in una base militare iraniana, è quale significato tutto ciò assuma realmente.
Per alcuni, la sequenza delle azioni è stata quasi scambiata come una schermaglia di fronte al massacro quotidiano che avviene nel cuore dell’Europa, con la guerra tra Russia e Ucraina e la tremenda, spaventosa e non giudicabile risposta di Israele nella Striscia di Gaza, dopo l’attacco di Hamas il 7 ottobre 2023 direttamente attuato in Israele. Se si mettono in fila tutti questi episodi si resta non solamente allibiti e spaventati, ma si comprende che ogni azione e ogni controreazione assomigliano a una prova, a una minaccia calcolata e ad un avvertimento preciso di quello che sta per accadere.
Tanto per essere più chiari, questa sequenza di fatti non lascia più spazio alle azioni diplomatiche. Ha esautorato completamente i grandi organismi internazionali come le Nazioni Unite, rivela in tutta la sua ampiezza la crisi dell’ordine internazionale e, nonostante alcune frasi di circostanza, lascia intendere che si aspetta l’azione decisiva per stabilire come si svolgerà il confronto dei prossimi anni sui diversi fronti che oggi rappresentano, dietro a guerre che paiono regionali, gli interessi delle grandi potenze.
Ci auguriamo sinceramente di sbagliare, ma l’attacco dell’Iran, direttamente e per la prima volta, contro Israele, è una di quelle prove che preparano prove molto più importanti.
Guardando questo scenario mediorientale, che si alterna spesso nel “rubare” i titoli di prima pagina alla tragedia dell’Ucraina e ad altri focolai o a vere e proprie azioni di guerra, viene in mente solamente che ci si sta preparando alla prima azione del confronto finale.
Di fronte a queste considerazioni, si può ritenere che solo un imprevisto positivo, un fatto che oggi è difficile immaginare, può provocare un cambiamento della situazione internazionale, che sta affrontando il terzo anno consecutivo di ostilità e che si allarga in modo negativo sempre di più.
Valutando anche le alleanze che si diversificano, con gli stessi Paesi arabi divisi tra loro, con Israele che sembra imporre la sua linea agli Stati Uniti, con Cina, Russia e Iran che rappresentano un altro fronte, è difficile non pensare che gli ultimi avvenimenti tra Israele e Iran non rappresentino che una sorta di prova generale per un conflitto sempre più allargato e pericoloso a livello mondiale.
Guardando a questi anni, passati in modo quasi incosciente, con tutti i problemi aperti, si può dire che forse siamo arrivati all’ultimo atto dei “sonnambuli”, malgrado qualcuno nutra ancora delle speranze di ricomposizione generale.
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