«Siamo i laureati in Psicologia, candidati all’imminente Esame di Stato per l’abilitazione alla professione. Vi scriviamo in quanto non ci sentiamo tutelati dalle Istituzioni che dovrebbero rappresentarci, prima tra tutte il Ministero dell’Università e della Ricerca»: si presenta così il lungo comunicato degli psicologi laureati diffuso sui media e su Facebook in questi giorni, esasperati da un “calvario” di richieste, incontri e smentite arrivate dalla politica nell’intera emergenza Covid-19. Il 4 giugno a Roma davanti a Palazzo Chigi e il 5 giugno in diverse altre città italiane, il gruppo “Laurea Abilitante Psicologia” scende in piazza per protestare contro il Governo per una situazione ai limiti della sostenibilità: viene richiesto, esattamente come concesso ai medici, l’equiparazione dell’Esame di Stato ma sono diversi i punti all’attenzione del gruppo di psicologi che assomma anche tanti altri laureati di diverse professioni sanitarie. Con il Dm 38/2020 è stato previsto dal Governo il differimento delle date di esame dal 16 giugno al 16 luglio: non solo, il Decreto ministeriale di riferimento firmato dal ministro della Ricerca scientifica Gaetano Manfredi – il 57/2020 – trasforma l’esame di Stato di psicologi, farmacisti e biologi per la prima sessione 2020 prevedendo un’unica prova orale svolta con modalità a distanza onnicomprensiva di tutte le materie previste nel tradizionale esame di Stato.
«Nel prendere questa decisione il ministro consulta gli Ordini professionali che danno il loro nulla osta senza considerare le richieste che avevamo provato a portare loro. E vengono ignorate anche le rappresentanze studentesche presenti nel Consiglio nazionale studenti universitari», spiegano i laureati nel lungo comunicato apparso su Facebook. «Noi laureati ci siamo mobilitati facendo gruppo, e tentando di ottenere informazioni dalle diverse istituzioni: ministeriali, ordinistiche e universitarie. Nessuno ci ha considerato, rimpallando la questione da un organo all’altro», scrivono ancora gli psicologi pronti a scendere in piazza assieme agli altri sanitari con i medesimi problemi. Data la situazione, si sono radunati sotto un’unica egida, chiedendo che l’Esame di Stato venisse tramutato nel riconoscimento del tirocinio professionalizzante (1000 ore), così com’è accaduto per i laureati in Medicina, grazie al Decreto Cura Italia nello scorso mese di Marzo: la richiesta viene stralciata in Aula e ancora una volta viene disattesa la minima speranza di una “normalità” per la classe dei laureati psicologi.
PSICOLOGI CONTRO IL GOVERNO “CI HANNO PRESO IN GIRO”
«Nelle date del 21/22/23 Maggio 2020 viene nuovamente convocato il CNSU. Quest’ultimo redige un documento, con il quale chiede al Ministero dell’Università e della Ricerca di analizzare e valutare immediatamente la possibilità, in base alle varie specificità, di effettuare una revisione della procedura di abilitazione per i corsi di laurea che prevedono già un percorso con un tirocinio abilitante, che ne attesta le competenze, definendo così la possibilità di abolire l’Esame di Stato, anche per le altre Classi di laurea, relative a discipline ordinistiche, che non hanno ancora un percorso formativo abilitante. Ad oggi, dopo più di una settimana, il Ministro Manfredi non si è ancora espresso in merito», spiegano ancora nel documento invitato al Sussidiario.net.
Nel frattempo però le università pubblicano bandi e ordinanze nelle quali viene specificato che nel caso in cui saltassero le connessioni internet, durante il colloquio dell’Esame di Stato, «spetterà alle commissioni esaminatrici decidere per un’eventuale bocciatura: in tal caso, la tassa di iscrizione non verrà rimborsata (400 euro, ndr)». Da ultimo, gli psicologi lamentano quanto non sia possibile e giusto che vengano «esaminati in una simile maniera, nella quale il potere decisionale in merito al nostro futuro sia completamente nelle mani delle commissioni esaminatrici. Un esame che normalmente si svolge in più di 3 mesi con prove intervallate da finestre temporali di più settimane adesso viene accorpato e svolto in un colloquio telematico di cui non conosciamo neppure le tempistiche. È impensabile che non vi siano disuguaglianze tra i candidati che sosterranno l’esame nella prima settimana e coloro che invece si vedrà esaminati settimane dopo». L’appello finale è tanto amaro quanto duro: «Ci sentiamo presi in giro dalla Politica, e ripetutamente messi all’angolo soprattutto da chi dovrebbe rappresentarci. A chi diamo così fastidio? Abbiamo creduto nelle Istituzioni in tutti questi mesi: dato il loro silenzio nei nostri riguardi, adesso crediamo che sia arrivato il momento di raccontare i fatti all’opinione pubblica».