Martedì 25 giugno si è tenuto un importante CdA della Fondazione Pubblicità Progresso: dopo venti anni di mandati ininterrotti, il Presidente Alberto Contri si è dimesso, passando il testimone al prof. Andrea Farinet, eletto all’unanimità. Abbiamo raggiunto Contri per un commento sugli anni trascorsi alla guida di Pubblicità Progresso, sul futuro della Fondazione e di quello suo professionale.
Come prima cosa è d’obbligo chiedere al presidente uscente di tracciare un bilancio di un’esperienza così lunga alla guida di un ente di tale rilevanza.
Può sembrare una banalità, ma mi sembra ieri (era il 1999) il giorno in cui sono passato dalla presidenza della Associazione Italiana Agenzie di Pubblicità, dove sono stato 5 anni, alla presidenza dell’Associazione Pubblicità Progresso, che era stata fondata nel 1971. Avveniva infatti di norma che il past president dell’AssAP andasse a presiedere per due anni Pubblicità Progresso, che ai tempi non era un lavoro così impegnativo. Perché una volta selezionata l’agenzia di pubblicità e la casa di produzione incaricati di realizzare la campagna dell’anno, dopo circa un mese di lavoro si spedivano cassette ed esecutivi ai mezzi, e tutto finiva lì. Quando arrivai io, in pubblicità si cominciavano a integrare media tradizionali e nuovi, e si capiva che con l’avvento dei social media anche la comunicazione sociale avrebbe richiesto un lavoro continuativo che non avrebbe potuto essere fatto una tantum, per cui era impossibile ottenerlo gratuitamente come avveniva per la creatività tv e stampa. Così mi sono inventato la Pubblicità Progresso che è poi quella di oggi.
In cosa consisteva il progetto?
Andando ai festival di pubblicità stranieri per il mio lavoro, mi sono reso conto che la comunicazione sociale degli altri paesi era molto più avanti della nostra, ridondante di facile retorica e prodotta con mezzi modesti. Così ho provato a immaginare di trasformare Pubblicità Progresso in un ente che facesse anche formazione sia per il Terzo Settore che per i professionisti delle imprese e dello Stato. Il progetto prevedeva una mediateca internazionale che mettesse a disposizione gratuitamente le migliori produzioni internazionali, da utilizzare per seminari, corsi universitari, corsi di formazione, eventi e convegni. Occorreva quindi ampliare lo staff di Pubblicità Progresso con personale specializzato nel raccogliere e archiviare i materiali, ma fosse anche capace di gestire i nascenti social media. Ma servivano molte più risorse di quelle disponibili.
Molti pensano che Pubblicità Progresso sia un ente grande e ricco, addirittura finanziato dallo Stato.
La reputazione è molto grande così come sono grandi e importanti i soci (i media e le associazioni della comunicazione) che però mettono già a disposizione lavoro e spazi gratuiti in grande quantità. Così, con il mio progetto sottobraccio andai a trovare l’avvocato Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, e glielo illustrai. Alla fine, impassibile come sempre dietro il suo pizzetto, mi disse: “Ho capito. E ho anche capito che dei 200 milioni di euro che noi eroghiamo al Terzo Settore, almeno un 20% viene speso in una cattiva comunicazione. Così, se voi insegnerete alle Onlus a comunicare meglio, anche i nostri denari andranno a miglior fine”. Confermandosi quell’uomo di grande visione che è sempre stato.
E poi cos’è successo?
Da quel momento, fino a poco tempo fa, la Fondazione Cariplo ha contribuito in maniera significativa alla costruzione e al mantenimento della Mediateca Internazionale e del Network Athena, che oggi raccoglie oltre cento docenti di 85 Facoltà di 44 Atenei con i quali facciamo seminari e concorsi per gli studenti, e tutti gli anni un grande Festival della Comunicazione. Quanto alla mediateca, a oggi si trovano archiviate e catalogate con tutti i credits e reperibili per argomenti oltre 3200 campagne sociali di tutto il mondo. Un patrimonio straordinario, utilissimo per confrontarsi con le più innovative modalità di fare comunicazione sociale anche tramite i social media.
Come mai la Fondazione Cariplo ha poi smesso di sostenervi?
Un semplice motivo di rotazione delle erogazioni, non è detto che fra un po’ (nuovo CdA loro, nuovo presidente in Pubblicità Progresso) non si riprenda. Nel frattempo abbiamo aperto alla categoria dei soci sostenitori, cui a fronte di un sostegno economico consentiamo l’uso del logo che ha una reputazione enorme, l’accesso ai seminari in università, ai festival, costruendo insieme iniziative ad hoc. Tra i soci abbiamo avuto Microsoft, Roche, MM, ora ci sono i Consorzi Corepla, Cial, Ricrea e Cap.
Come si è arrivati alla nomina del nuovo Presidente?
È stato costituito un comitato di saggi presieduto dal direttore dell’Upa Giovanna Maggioni, che ha valutato diverse candidature, e la scelta poi è caduta sul prof. Andrea Farinet, sia per il suo curriculum (laureato in Economia aziendale e Scienze Politiche, docente per molti anni in Bocconi dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Economia aziendale, ora docente alla Liuc), sia per l’esperienza accumulata collaborando con grandi imprese e Fondazioni. Inoltre, è presidente dell’Istituto Socialing che si occupa a fondo di Responsabilità Sociale di Impresa. Sinceramente credo che tutto il lavoro creato con tanta passione in questi ultimi vent’anni non potesse finire in mani migliori.
E adesso lei cosa farà?
Sicuramente non smetterò di insegnare, scrivere e lavorare. Da poco ho creato insieme a due figure storiche del mondo della Pubblicità (Andrea Concato e Roberto Fiamenghi) un piccola società di consulenza di marketing e comunicazione (Social Value) per supportare imprese ed enti sul fronte della Responsabilità Sociale e della sostenibilità. Il pensiero strategico che un tempo era l’asset principale di un’agenzia di pubblicità si è molto rarefatto è impoverito, per motivi che illustro nel mio saggio McLuhan non abita più qui? In Social Value si trovano tre saggi con 140 anni di esperienza variegata e complessiva, attentissimi nell’applicare metodi consolidati nei nuovi contesti mediatici. E capaci di evitare alle imprese di cadere preda delle sirene del momento (ad esempio, gli algoritmi). Certo che i dati sempre più precisi sono utilissimi, ma, come dice il collega Concato, “quando hai ben scovato Gino… dovrai pur dirgli qualcosa”. E qui non c’è digitale che tenga, occorre un bel po’ di pensiero analogico…
A proposito, come è andato il saggio McLuhan non abita più qui?
Mi dicono dalla casa editrice che nonostante il titolo da addetto ai lavori e il prezzo non basso (data la mole del libro), aver superato in due anni le 3.000 copie è un traguardo che saggisti ben più noti raramente raggiungono. Forse se avessi invertito il titolo con il sottotitolo (I nuovi scenari della comunicazione nell’era della costante attenzione parziale) avrebbe fatto anche meglio. Perché il tema della “costante attenzione parziale” è la chiave per capire come sta cambiando e come dovrebbe cambiare la comunicazione, e persino la politica, tutta fatta tramite tweet e slogan brevi e di pancia, molto in sintonia con il modo di pensare dei cosiddetti populisti. Ma questo è un altro tema che affronterò in un prossimo saggio previsto in uscita per Natale. Ne riparleremo se lo vorrete.