La prima vacanza da povero e il ricordo bellissimo, Pupi Avati senza filtri ai microfoni di Avvenire. “La più bella vacanza della mia vita è stata probabilmente quell’estate del ‘52”, ha esordito il celebre cineasta: “Dopo due anni che mancavamo da Rimini dove eravamo stati tutte le estati, io e la mia famiglia siamo tornati al mare. Anche se la nostra vita era cambiata drasticamente a causa della morte di mio padre”.



Fino ai 12 anni Pupi Avati ha vissuto in una condizione economica soddisfacente, poi l’incidente stradale che procurò la morte del padre e della nonna cambiò tutto. La condizione economica dei tre figli cominciò infatti a precipitare: “Tornammo al mare in una condizione molto diversa da ciò cui eravamo abituati, con zia Laura che sopperiva in parte, affittando per noi un garage in cui vivevamo, diviso internamente con una tenda, con un cortile e una ritirata esterna – ricorda il regista quasi filmando la scena –. Mia madre, mia zia e la domestica facevano da mangiare e dormivano dentro un garage con noi tre fratelli. Eppure quell’estate per me è stata una estate clamorosa”.



Il racconto di Pupi Avati

Un modo per riappropriarsi delle cose partendo da zero e ricominciare a vivere, ha aggiunto Pupi Avati. Il regista ha spiegato che la madre non voleva privare i figli dell’estate al mare nonostante le difficoltà economiche, ma quella estate rappresenta quella più gioiosa per il cineasta: “Molto spesso le cose, quando impari a non averle, arrivi ad apprezzarle in un modo incredibile”. E fu un’estate di menzogne, ha spiegato: “Non la dimenticherò mai. La mia professione mi ha portato a viaggiare e trascorrere il tempo nei luoghi più esotici. Invece quel garage a Rimini, con il gabinetto esterno, i materassi per terra e le scarpe bianche sono il mio ricordo più indelebile. Dopo essere piombato improvvisamene in una dimensione sconosciuta di povertà fingere è stata un’esperienza che mi ha riconciliato con la vita”.

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