Pupo è senza dubbio uno dei personaggi televisivi e cantanti più amati d’Italia, e la sua fama la deve anche alla spontaneità nel raccontare episodi a volte spiacevoli che gli sono capitati, ma anche nella capacità che ha avuto di rialzare la testa e di non farsi trascinare in un tunnel senza fine. Enzo Ghinazzi, vero nome del cantante di “Gelato al cioccolato”, ha avuto un paio di vizi in particolare, a cominciare dal sesso. «Prima era una malattia – racconta ai microfoni de La Verità – negli anni ’80 megalomania pura, quando prendevo il Concorde da Parigi per vedere una donna a New York, avevo raptus continui. Le prendevo nei camerini e nelle camere d’albergo. Essere piccoli non aiuta, più raccolto sei, più sei soggetto a tempeste ormonali. Me l’ha confermato l’andrologo, ho il testosterone a mille. Ora sono più sereno, meno frequenza, ma qualità alta». Il secondo grande vizio è stato, come ben si sa, il gioco d’azzardo. C’è stato un periodo in cui Pupo aveva un debito milionario con lo stato: «Avevo un albergo – racconta ancora – una roba di lusso, all’inizio del 2000 se l’era preso la banca: avevo 3 milioni e 200.000 euro di debito, tra gioco e investimento sbagliato. Poi, l’ho ricomprato per ripicca: 400.000 euro cash, anche se non so che farmene».



PUPO: “LA POVERTA’ NON SO COSA SIA”

Ma nonostante le cartelle esattoriali, Pupo non ha mai abbassato il suo tenore di vita, sapendo che prima o poi ce l’avrebbe rifatta: «La povertà non so nemmeno cosa sia. Ero pieno di debiti, ma senza mai abbassare il tenore di vita. Mi bastava prendere la chitarra e andare in giro per il mondo». La sua rovina fu lo chemin de fer, un gioco di carte molto simile al Baccarà: «All’epoca mi sono rovinato con lo chemin de fer. Lì mi sfidavo con Dio. E perdevo. la mia fede è il gioco, il poker andrebbe insegnato nelle scuole al posto della religione». Ma guai a paragonare Pupo a quelli che si rovinano con le slot machine: «Le odio, io sono stato l’ultimo romantico dei giocatori: lo smoking impeccabile, la mia Jaguar e la gnocca che ti arriva da Cleveland. Quattro giorni al Cipriani a Venezia e vai… Vuoi mettere la tristezza assoluta di quelli sudati e puzzolenti che entrano in una sala bingo?».



“QUELLA VOLTA CHE PUNTAI E PERSI 103 MILIONI DI LIRE”

Memorabile la volta in cui perse 103 milioni di lire anni fa in un solo colpo al casinò di Saint Vincent, sempre a chemin de fer. Sfidò il banco, che era appunto da 103 milioni, ma perse, e prima della sconfitta aveva già capito di aver perso: «Tu sai che, al gioco, a volte si hanno sensazioni inspiegabili. In quel momento capii che avrei perso! Forse per quell’aria di degnazione con cui il banchiere e il croupier mi avevano trattato». Ma Pupo si è sempre saputo rialzare: «Io ho fatto una promessa a me stesso, nel momento in cui ho capito che forse potevo uscire dal tunnel del gioco d’azzardo, di dedicare parte della mia vita a raccontare quello che mi è capitato. Chiaramente dal punto di vista di uno che ce l’ha fatta. L’esempio vivente che se ne può uscire. Lo sento come un dovere, un impegno perché la vita a me ha restituito qualcosa che non sempre restituisce, non lo dico io ma le statistiche. Direi che il mio “come-in back”, il mio ritorno, è rarissimo. In questo senso ho il dovere di restituire almeno in termini di racconto qualcosa alle persone che invece adesso sono dentro al problema». Una mano in tal senso gliel’ha data anche l’amico Gianni Morandi, che gli prestò 200 milioni di lire, restituiti poi dallo stesso Pupo con un assegno inatteso durante un concerto del 2008. Ma quante partite con il Gianni nazionale: «Ci mettevo niente ad alzare 1 miliardo di lire con Morandi. Gianni è uno che ti porta all’esasperazione quando giochi, ti stuzzica, ti provoca».

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