I giudici di Cassazione hanno restituito 17mila euro ad un pusher che, secondo la Suprema Corte, aveva ragione nel sostenere che i contanti che gli erano stati sequestrati erano troppi rispetto al reato specifico per cui era stato arrestato, ossia la cessione di due dosi di cocaina. La questione, riportata dalla Provincia di Como, riguarda un piccolo episodio di criminalità: il giovane, un albanese di 26 anni, era stato arrestato in flagranza dalla Guardia di finanza di Ponte Chiasso. Il ragazzo era impegnato nel cedere cocaina a un cliente svizzero: addosso aveva altre due dosi, circa 60 grammi.



I due, sorpresi nel parcheggio di un supermercato di Tavernola, erano stati fermati: perquisendo il B&B di Como dove il pusher alloggiava, la Guardia di Finanza aveva trovato 17mila euro in contanti, di cui il 26enne non aveva saputo spiegare la provenienza. La cifra era stata dunque ritenuta “profitto del reato” ai fini della confisca, ratificato dai giudici di merito. Nel dicembre del 2022, l’uomo era stato arrestato.



Pusher risarcito dalla Cassazione: le motivazioni dei giudici

La Cassazione, su ricorso del legale del pusher 26enne di origini albanesi, ha restituito il denaro allo spacciatore. Nella sentenza della Suprema corte: “Il carattere assolutamente sproporzionato tra l’ammontare del denaro in sequestro e la modesta quantità di sostanza stupefacente ceduta (due dosi) renderebbe manifestamente illogica qualunque tesi volta a sostenere la diretta derivazione e/o il rapporto di diretta pertinenzialità del denaro rispetto alla cessione della cocaina“.

A detta dei giudici, inoltre, “non sono confiscabili le somme che, in ipotesi, costituiscono il ricavato di precedenti diverse cessioni di droga e sono destinate ad ulteriori acquisti della medesima sostanza, non potendo le stesse qualificarsi né come strumento, né quale prodotto, profitto o prezzo del reato”. Il 26enne intanto ha patteggiato una pena a due anni di carcere con la condizionale.