Elliot Abrams, ex consigliere personale del presidente USA Ronald Regan, ma anche assistente speciale di George Bush, ha parlato sulle pagine di Libero dalla situazione in cui si trovano Putin, la Russia, l’Ucraina e la guerra dopo la rivolta, fallita, della Wagner. Il suo giudizio è chiaro e conciso, e pensa che lo Zar, “dopo lo schiaffo di Prigozhin punterà ad inasprire il conflitto con Kiev“, circostanza a cui l’occidente dovrebbe porre attenzione.
Secondo Abrams, infatti, dopo la ribellione “non vi è dubbio che [Putin] ne esca più debole. Non fosse altro che per le modalità con cui l’esercito dei mercenari ha potuto agire, avanzando per parecchie centinaia di chilometri, senza incontrare una particolare reazione”. Sostiene, infatti, che “un’azione come quella non s’improvvisa da in un giorno” e non si riesce a capire “come abbiano fatto i funzionari dell’intelligence russa a non accorgersene”. Ma l’aspetto negativo secondo Abrams è che “l’attuale debolezza di Putin [rappresenta] un elemento di grave pericolo per l’Ucraina” perché lo zar “sarà mano disposto ad aprire un tavolo di negoziazione, per paura che lo faccia apparire ancora più debole”.
Abrams: “Putin non ricorrerà all’atomica”
Di un’altra cosa è certo Abrams, ovvero che nonostante quanto accaduto in Russia a Putin, “la guerra continuerà” ed ora, più che mai, il sostegno occidentale “deve assolutamente cambiare marcia”. Ritiene, infatti, che se ora il conflitto è in stallo, “è il risultato finale di un aiuto parziale fornito alle forze ucraine“, sostegni che “continuano ad essere consegnati con grande ritardo“. Non solo, perché ora gli aiuti e le armi devono essere “più sofisticati“, oltre che venir consegnati “con maggiore solerzia”.
Tuttavia, una nota positiva nel pensiero di Abrams su Putin c’è. Se, infatti, lo zar ora è più pericoloso, non ci sarebbe pericolo di un ricorso agli armamenti nucleari. Spiega, infatti, che il leader russo “non è per nulla pazzo. Ha soltanto un obiettivo: la sopravvivenza del suo regime e la salvaguardia del suo potere” e quasi sicuramente “una guerra totale gli porterebbe via tutto“. Concludendo, infine, con un ragionamento sul ruolo della Cina, Abrams spiega che “non ci sono interessi cinesi diretti in questa guerra”, e l’atteggiamento di Xi Jinping “dipende dal legame personale che si è creato con Putin”.