La Russia ha bisogno di soldi. E li va a chiedere a quello che oggi è il suo maggiore partner mondiale: la Cina. La visita di Putin a Xi Jinping a Pechino, che comincia oggi, sarà soprattutto questo, un incontro per parlare del sostegno finanziario ai russi. Lo dimostra, osserva Massimo Introvigne, sociologo fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, la composizione della delegazione che accompagnerà il capo del Cremlino: quasi tutti banchieri e uomini d’affari. Questa richiesta di Mosca, però, si scontra con la paura delle banche cinesi di incorrere nelle sanzioni occidentali. E il rapporto con USA ed Europa per Xi è ancora troppo importante per non tenerne conto.



Da parte russa l’incontro con Xi Jinping viene annunciato con lodi sperticate al presidente cinese e dichiarazioni su quanto sia amichevole il rapporto con Putin. In realtà qual è il clima in cui si terrà l’incontro e quali i temi sul tavolo?

In previsione di questo incontro stanno parlando molto i russi con i loro comunicati stampa. La stampa cinese riporta le dichiarazioni del ministro degli Esteri Lavrov, ma c’è molto poco da parte del ministero degli Esteri cinese e ancora meno da Xi. Chi sta spingendo perché si crei attenzione sul vertice è Mosca. Inoltre i commenti russi sono per lo più propaganda: si parla di attacco all’Occidente, dell’egemonia statunitense che deve finire per un mondo dominato da chi ha più abitanti e dai Paesi in via di sviluppo.



Si può ipotizzare di cosa parleranno principalmente?

Se guardiamo ai nomi della delegazione si capisce che Putin ha bisogno di quattrini: ne fanno parte il ministro delle Finanze, la governatrice della Banca centrale Elvira Nabiullina, il capo della banca Sberbank, un oligarca come Deripaska, forse il più importante, il capo della Rosneft (azienda pubblica dell’energia, nda) e quello della Novatek (secondo produttore di gas russo, nda). Non si tratta di militari e politici, ma di banchieri e uomini d’affari. Il tema finanziario, cioè che la Russia ha bisogno di soldi, sarà il tema principale.



L’export cinese verso la Russia è calato in marzo e aprile. Secondo alcuni analisti risente delle pressioni dell’Occidente attraverso le sanzioni verso banche e società che fanno affari con i russi. Quanto pesa questo elemento?

Pesa molto. Il punto è che sempre di più la Russia si sta trasformando in un satellite della Cina, da cui dipende sia dal punto di vista economico che finanziario: se i cinesi chiudessero il rubinetto l’economia russa imploderebbe rapidamente. Le banche cinesi, tuttavia, sono restie a concedere sostegno perché sanno che rischiano le sanzioni americane.

I rapporti del Dragone con l’Occidente sono ancora troppo importanti per non condizionare comunque quelli con Putin?

A prescindere dalla retorica che sentiremo sulla necessità della dedollarizzazione e del decoupling, del distacco dell’economia cinese da quella USA, le banche cinesi sanno che se c’è un motivo politico per sostenere la Russia, dall’altra parte i rapporti economici con l’America e con l’Occidente sono venti volte quelli con la Russia.

Xi, quindi, farà qualche fatica ad assecondare le richieste di sostegno finanziario di Putin?

L’economia cinese, come ha ammesso di recente Xi, non è in una fase espansiva, si sta riprendendo ancora dal Covid. Non è un bancomat al quale Putin può prelevare quando vuole. E gli istituti di credito cinesi cercano di navigare a vista evitando le sanzioni statunitensi. Recepiscono l’input di Xi Jinping di dare una mano a Putin, ma nello stesso tempo lo fanno tentando di non farsi troppo notare dagli americani.

La fornitura di gas russo ai cinesi, intanto, è cresciuta del 37,4%. Ma i soldi e le aziende cinesi sono già arrivati in Russia?

I cinesi fanno shopping in Russia, soprattutto nelle zone di confine, dove si stanno comprando un po’ di tutto: aziende, terreni, immobili. Ci sono regioni russe che per questo ormai sembrano cinesi. Vero che lo fanno un po’ in tutto il mondo, Italia compresa, ma stanno comprando a basso prezzo. Quando auspicabilmente finirà la guerra si scoprirà che la Russia è diventata un Paese in orbita cinese molto più di quanto lo fosse quando è cominciata.

Se Putin andrà a chiedere soldi, Xi cosa è disposto a concedere?

In questo momento Xi ha il coltello dalla parte del manico. Che riesca a dare molto o poco, Putin non può permettersi di protestare. D’altra parte la Cina fino a questo momento ha ottenuto solo vantaggi economici dalla crisi generata dalla guerra in Ucraina, pagando prezzi non altissimi con USA ed Europa.

Si avvicina la Conferenza di pace che si terrà in Svizzera sulla guerra russo-ucraina. Al di là delle contraddizioni di un’iniziativa cui Mosca non parteciperà, anche in questo ambito alla Cina era stato chiesto di mediare con Putin per avviare un negoziato. Che ruolo può svolgere Xi in questo contesto?

Probabilmente Xi non dirà di no alla Conferenza, ma manderà una delegazione di medio livello per non inimicarsi Putin. Si dice che il presidente cinese abbia risposto a Macron che non è in grado di controllare Putin. Il che è vero e non è vero: dal punto di vista economico ha leve potenti. Ora però è difficile decifrare l’atteggiamento dei cinesi: finché dura la guerra ne ricavano vantaggi, stanno vampirizzando sempre più la Russia trasformandola in una colonia economica e in parte anche politica. Tuttavia, sanno che è una corda che non possono tirare troppo a lungo per non rovinare i rapporti con l’Occidente. Penso che fino a quando non ci saranno le elezioni americane non cambierà nulla.

Certe decisioni verranno prese quando sarà meglio definito lo scenario e quindi dopo le presidenziali USA di novembre?

Le elezioni potrebbero riservare delle sorprese. Seguendo i discorsi di Trump, che ha molti rapporti con i militari USA, si nota che è sempre più cauto sull’Ucraina. I tempi delle dichiarazioni in cui si prospettava di sistemare tutto in qualche giorno sono lontani. Quando Putin dice che preferirebbe Biden a Trump è perché quest’ultimo è del tutto imprevedibile; lo dice in modo strumentale, ma c’è un piccolo granello di verità.

(Paolo Rossetti)

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