Un messaggio firmato da Putin e diretto a Mattarella. Lo “Zar” ha voluto esprimere il proprio dispiacere per la scomparsa di Giorgio Napolitano inviando una lettera di cordoglio al Capo dello Stato. Nell’incipit della missiva si legge: “Caro signor Mattarella, la prego di accettare le mie più sentite condoglianze per la scomparsa dell’ex presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano“. Il Cremlino ha pubblicato la nota sul proprio sito, come spiega Tass, agenzia russa.
Putin descrive Napolitano come “un grande servitore dello Stato e un vero patriota italiano: nella sua gioventù Giorgio Napolitano ha coraggiosamente combattuto il fascismo nella Resistenza ed ha servito fedelmente il suo Paese per molti anni, in alte cariche di governo e alla presidenza”. Per questo, “godette giustamente del sincero rispetto dei suoi connazionali e della grande autorità internazionale. Ho avuto la fortuna di comunicare con quest’uomo meraviglioso in diverse occasioni e conserverò per sempre il suo caro ricordo“.
Putin: “La morte di Napolitano mi addolora”
La lettera di Putin a Mattarella, in seguito alla morte di Giorgio Napolitano, si conclude così: “La sua morte mi addolora profondamente e, mentre esprimo alla sua memoria i sentimenti più intensi di gratitudine della Repubblica, rivolgo ai familiari il cordoglio dell’intera nazione”. Nella missiva dello “Zar” all’Italia intera, è contenuto però anche un falso storico, nel passaggio in cui si parla di “lotta” nella Resistenza contro il fascismo.
L’ex Presidente della Repubblica, come ricorda Il Fatto Quotidiano, non fu mai partigiano. Negli ultimi anni della seconda Guerra mondiale, quando studiava Giurisprudenza alla Federico II di Napoli, fece anche parte del Guf, il Gruppo universitario fascista, pubblicando articoli di critica cinematografica e teatrale sul settimanale IX maggio. Anni dopo, parlando di quella esperienza, spiegò: “Erano un vero e proprio diluvio di energie intellettuali antifasciste, mascherato e fino a un certo punto tollerato”. Nelle ultime fasi della Liberazione si avvicinò agli intellettuali comunisti, aderendo al Pci alla fine del 1945.