Migliaia di aziende occidentali ancora operanti in Russia temono una nazionalizzazione spontanea da parte della Russia, dopo la mossa del Cremlino, che ha sequestrato le attività russe di Danone e Carlsberg. Nel weekend il presidente Vladimir Putin ha decretato che le attività russe dell’azienda alimentare francese Danone e i birrifici russi Baltica dell’azienda birraria danese Carlsberg sarebbero stati posti sotto amministrazione temporanea russa. La mossa è stata inaspettata per le due aziende. Ad esempio, Carlsberg ha fatto sapere che non ne era a conoscenza né aveva dato il suo consenso. Le due aziende avevano annunciato l’anno scorso il ritiro completo dalla Russia in risposta alla guerra scatenata in Ucraina. In particolare, Carlsberg un mese fa aveva annunciato di aver trovato un acquirente. Le necessarie autorizzazioni da parte delle autorità russe, però, non sono mai arrivate. Anzi, c’è stata questa svolta imprevista.



Stando a quanto riportato dal Financial Times, a impedire il ritiro delle due società è Dmitry Patrushev, ministro dell’Agricoltura e figlio del capo del Consiglio di sicurezza russo, il quale avrebbe una grande influenza su Putin. La mossa resta inspiegabile per gli stessi russi. Infatti, Oleg Vyugin, ex vicepresidente della Banca centrale russa e in passato membro dei consigli di sorveglianza di molte aziende russe di alto livello, a WELT ha dichiarato: “In Russia, la gente si chiede se si tratta di due casi speciali o se è stata scatenata una nuova strategia contro le aziende occidentali“. L’altro aspetto strano è che il Cremlino non ha annunciato nulla, mentre di solito espone al pubblico la sua strategia.



“CONTINUA ISOLAMENTO RUSSIA DA OCCIDENTE”

Nell’anno e mezzo che è trascorso dall’inizio della guerra in Ucraina, il Cremlino ha usato le aziende occidentali in Russia come merce di scambio nel suo braccio di ferro con l’Occidente, ma ha comunque usato una certa cautela. Finora le sue mosse sono state una risposta a quelle occidentali. Ma questa logica della reciprocità viene meno nei casi di Danone e Carlsberg. Inoltre, è un segnale preoccupante per le circa duemila aziende occidentali che avevano annunciato il loro ritiro dalla Russia, ma che finora non si sono ancora mosse o non hanno ottenuto il permesso dalle autorità russe. “Le aziende straniere ora sanno che l’unico modo per uscire dal Paese è nazionalizzare i loro beni“, ha dichiarato l’ex viceministro delle Finanze ed economista russo Sergei Alexashenko. Un miliardario russo, che ha parlato a Welt chiedendo di restare anonimo, ha spiegato: “L’isolamento del Paese sta procedendo in modo del tutto naturale. Ogni mese la situazione peggiora e le aziende occidentali devono fare i conti con un effetto domino dopo Danone e Carlsberg. Le aziende sono nervose“.



Non si può escludere che altre aziende vengano colpite in futuro. Il fatto che l’amministrazione temporanea da parte dello Stato non sia formalmente un esproprio non cambia nulla, perché comunque i proprietari non hanno più accesso alle loro aziende. “Dopo tanti fallimenti in guerra e tante critiche da parte degli integralisti, Putin non può fare a meno di dimostrare la sua determinazione. Deve dimostrare che possiamo fare tutto da soli“, dichiara il miliardario russo rimasto anonimo. Danone sarà d’ora in poi guidata da Jakub Zakriew, 34enne vice primo ministro della repubblica russa di Cecenia, e per di più nipote del sovrano ceceno Ramzan Kadyrov, che da parte sua ha creato una propria unità per la guerra in Ucraina. Invece, i birrifici russi di Carlsberg sono ora gestiti da Tajmuraz Bolloyev, che era già responsabile dei birrifici prima che Carlsberg li acquistasse ed ha legami d’affari col miliardario pietroburghese Yuri Kovalchuk, che secondo gli addetti ai lavori russi è considerato il più stretto confidente di Putin.