Mentre sul territorio l’offensiva russa nel Donbass continua in modo vincente, seppur lento, Putin nel messaggio che ha rilasciato ieri ha probabilmente fatto capire per la prima volta quale sia l’obiettivo di questa guerra. “L’era dell’ordine mondiale unipolare è finita” ha detto, aggiungendo che “gli Stati Uniti poliziotto del mondo agiscono facendo finta di non notare che ci sono altri centri forti nel mondo”.
Putin ha ottenuto ciò che voleva: poter dichiarare la fine del dominio Usa, come ci ha detto in questa intervista il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan, “che da grande super potenza si è vista relegata a un ruolo subalterno e secondario. Questo per il popolo russo non è accettabile”.
Putin in un certo qual modo ha lasciato capire il motivo per cui ha scatenato quella che sembrava una guerra insensata: riportare la Russia al ruolo che aveva prima della caduta del Muro di Berlino. È così, secondo lei?
Sicuramente Putin e la sua classe dirigente hanno vissuto malamente il modo con cui la Russia è stata declassata negli ultimi anni: da grande potenza mondiale quale era l’Unione Sovietica a una Russia non più considerata un avversario rispettabile o temibile. Una situazione del genere non ha fatto altro che risvegliare l’orgoglio tipico del popolo russo, che si sente accantonato. La dirigenza di Mosca non ha mai accettato la fine dell’Urss, tanto è vero che un personaggio come Gorbaciov, che per noi occidentali è una sorta di eroe, in Russia è considerato un traditore.
Ma basta una guerra come questa per ottenere quel risultato?
Il fatto di aver invaso l’Ucraina serve a ricordare che il mondo occidentale deve considerare che ci sono altre sfere di potere come la Cina, ma anche la Federazione Russa.
Putin ha anche detto di accogliere con favore l’invito dell’Onu per il dialogo sulla sicurezza alimentare. Ci si può fidare?
È un tentativo di dimostrare che sono disponibili per questioni umanitarie, ma bisogna vedere cosa chiederanno in cambio.
Già in passato si erano dichiarati disponibili a riaprire i canali di commercio del grano in cambio dell’abolizione delle sanzioni. Faranno così anche questa volta?
Direi di sì. Lo stesso esercito russo, a causa delle sanzioni, è in difficoltà, perché mancano componenti elettroniche importanti prodotte in Occidente. La settimana scorsa il presidente della Bielorussia si era detto disponibile ad aprire canali di trasporto del grano qualora fossero state tolte le sanzioni contro il suo Paese. È evidente che, se così fosse, potrà acquistare quelle componenti che in realtà servono a Mosca, non alla Bielorussia.
Tornando al ruolo che la Russia vuole riconquistare, Biden ultimamente ha chiesto ad esponenti della sua Amministrazione di non usare toni troppo forti nel sostegno a Kiev, sia perché creano aspettative irrealistiche, ma anche per non aggravare la tensione tra Russia e Stati Uniti. Significa che ha già percepito il messaggio di Putin?
No, penso di no. Siamo in una situazione in cui le dichiarazioni di entrambe le parti, che dovrebbero essere nonostante la guerra di livello diplomatico, sono ormai degenerate sul piano verbale. Biden ha detto queste cose anche perché, a fronte delle forti richieste di armi da parte di Kiev, ci sono difficoltà a fornire all’Ucraina quello che chiede. Zelensky chiede 500 carri armati: ricordiamoci che un Paese come l’Italia ha a disposizione un centinaio di carri armati funzionanti.
Stiamo arrivando a una diminuzione dei rifornimenti?
Penso che Biden abbia voluto dire che è meglio essere più aderenti alla realtà. Come hanno dichiarato Macron, Draghi e Scholz a Kiev, va bene fornire il massimo sostegno, ma un sostegno che sia realistico.
È per questo che Draghi ha smentito il presidente ucraino sull’invio di nuove armi?
Draghi è un politico di grande levatura internazionale, non ha voluto esporsi più di tanto, visto che il 21 giugno ci sarà la discussione in Parlamento per il nuovo invio di armi. Ha voluto evitare di generare ulteriori critiche nel nostro Paese, critiche che poi sono sterili, perché le armi verranno inviate.
Secondo alcuni analisti, anche prima della guerra l’esercito russo era considerato uno dei migliori al mondo in fatto di logistica su rotaia e sarebbe proprio il controllo delle ferrovie a spiegare almeno in parte la vittoriosa offensiva in corso. È d’accordo?
Sicuramente le ferrovie sono il mezzo di trasporto più sicuro se non vengono bombardate. Adesso che lo sforzo russo è concentrato nel Donbass, non molto distante dal confine, è molto più facile usare le ferrovie per trasportare armamenti, carburante e munizioni. Ma dire che il treno sia l’arma vincente è un po’ esagerato. È sicuramente uno strumento che agevola il compito della logistica. Così come è vero che gli sforzi russi sono concentrati sugli snodi ferroviari ucraini, da dove dovrebbero passare gli aiuti dell’Occidente.
A proposito di guerra sul terreno, la situazione è sempre quella che sappiamo? I russi avanzano ancora?
Ormai il Donetsk è in mano russa, i russi sono sul fiume Donec. I ponti sono stati fatti saltare, bisogna vedere se intendono comunque attraversare il fiume, da dove sono sempre stati respinti, o se intendono bloccare il fronte su questo fiume. Ci sono azioni condotte da nord, partendo da Lyman scendendo verso sud, e da Popasna, salendo verso nord, per chiudere la sacca dove si trova il meglio delle forze ucraine, 15mila uomini almeno. La maggior parte delle forze ucraine si sono ritirate al di là del fiume, dove ci sono colline che permettono di dominare il fronte. Non sappiamo se gli ucraini accetteranno il rischio di essere accerchiati per tenere impegnati i russi, rischiando però un alto numero di prigionieri, o se decideranno di ritirarsi da questa sacca per riprendere una possibilità di manovra.
La Nato nei prossimi giorni varerà il nuovo Concetto strategico. Di cosa si tratta?
Il concetto strategico è il pensiero strategico difensivo della Nato che definisce i compiti delle missioni della stessa Alleanza per il futuro. In genere viene varato ogni dieci anni o in caso di cambiamenti importanti a livello internazionale.
Sappiamo cosa cambierà? Possiamo ipotizzarlo?
Quasi sicuramente si deciderà l’orientamento difensivo per i prossimi anni con una particolare attenzione verso la Russia. Va però detto che nel concetto strategico di Washington per il 2022, quindi già varato, viene sì individuato il fronte est come critico e sensibile per eventuali possibili sviluppi negativi ancor più verso ovest, però dal punto di vista del budget gli Usa guardano all’Indo-Pacifico, dove il potenziale avversario è la Cina.
Che però non è territorio di intervento Nato?
Ma a questa riunione, che si terrà il prossimo 21 giugno a Madrid, saranno presenti per la prima volta Giappone e Corea del Sud, una novità assoluta. C’è solo da sperare che queste attenzioni non facciano dimenticare il Mediterraneo, il Nord Africa e l’Africa sub-sahariana. In questi ultimi tempi l’attenzione si è rivolta così tanto sull’Ucraina da dimenticare che il terrorismo islamista ha ormai una forte presenza in gran parte dell’Africa centrale e del nord.
(Paolo Vites)
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