Dopo quattro mesi in detenzione preventiva, Eva Kaili ha potuto lasciare il Belgio per la prima volta e può partecipare alla sessione plenaria di Strasburgo. Ma da europarlamentare indipendente, visto che è stata espulsa dal Gruppo socialista dopo lo scoppio dello scandalo Qatargate. In queste settimane si è fatta descrivere come una madre premurosa e ha iniziato a definirsi vittima di una vasta cospirazione. A tal proposito, ha citato il monitoraggio da parte dei servizi segreti del Belgio delle attività dei membri della commissione speciale Pegasus, istituita nel marzo 2022 per indagare sull’uso del software di spionaggio che porta tale nome.
L’ex vicepresidente del Parlamento europeo era membro di questo gruppo di lavoro che, tra l’altro, doveva indagare sul sospetto che il Marocco usasse questo software per spiare politici di alto livello. Come riportato dal Frankfurter Allgemeine Zeitung, alcune conversazioni telefoniche intercettate dagli inquirenti belgi indicano che è stata scelta appositamente per questo scopo, al fine di proteggere il Paese nordafricano. Il quotidiano tedesco precisa che negli interrogatori Eva Kaili non ha potuto confutare in modo plausibile i sospetti nei suoi confronti.
VAN LEEUW “QATARGATE? DOSSIER COMPLESSO”
Intanto, proseguono le indagini su Eva Kaili e gli altri accusati per sospetto riciclaggio di denaro, corruzione e appartenenza a un’organizzazione criminale. Al momento nessuno degli accusati è più in carcere e gli arresti domiciliari sono stati revocati anche per Francesco Giorgi e l’eurodeputato Marc Tarabella. Solo Antonio Panzeri porta ancora il braccialetto elettronico alla caviglia. L’eurodeputato Andrea Cozzolino continua a difendersi in Italia dal suo trasferimento in Belgio. Tutti gli accusati insistono sulla loro innocenza, ad eccezione di Panzeri. Il procuratore generale Van Leeuw, comunque, ha messo in guardia la scorsa settimana dal trarre conclusioni sbagliate.
“La fine della detenzione preventiva non ha nulla a che vedere con l’esame del caso“, ha dichiarato a Le Soir. La detenzione può essere imposta solo se c’è un rischio di fuga, di collusione o di minaccia di commettere il reato, in altre parole a determinate condizioni. In totale, sono 15 gli investigatori che stanno lavorando al Qatargate. Si tratta di un “dossier complesso“, così lo ha definito Van Leeuw, precisando che la cooperazione con le autorità del Qatar, ad esempio, si sta rivelando difficile. Ma nutre la speranza che l’indagine possa essere completata entro la fine dell’anno.