“EVA KAILI IN CARCERE UN ALTRO MESE”: NON CONVINCENTE LA SUA COLLABORAZIONE SUL QATARGATE
Eva Kaili rimarrà in carcere almeno per un altro mese: lo hanno deciso ieri sera i giudici della Camera di Consiglio del Tribunale di Bruxelles, escludendo per il momento la revoca della misura cautelare per una dei 4 arrestati sulla maxi inchiesta “Qatargate” (assieme ad Antonio Panzeri, Francesco Giorgi e Niccolò Figà-Talamanca). Assieme agli avvocati aveva fatto richiesta di uscire per il Natale in modo da passarlo con la figlia di 2 anni, conscia di aver collaborato nelle prime udienze con il giudice titolare dell’inchiesta Michael Claise: e invece il Tribunale replica, «Con ordinanza emessa questa mattina, la Camera di Consiglio ha prorogato di un mese la carcerazione preventiva di Eva Kaili». In una ulteriore nota della Procura belga si legge poi che «Se entro 24 ore viene proposto ricorso contro tale decisione, l’interessato comparira’ entro quindici giorni dinanzi alla camera d’accusa presso la Corte d’appello di Bruxelles. Nell’interesse delle indagini, al momento non verranno fornite ulteriori informazioni».
«Abbiamo chiesto che la signora Kaili possa essere sottoposta al regime della sorveglianza tramite braccialetto elettronico», avevano detto gli avvocati all’uscita dall’udienza giovedì mattina. Qualche ora più tardi l’inchiesta Qatargate conferma l’arresto per almeno un altro mese, come già avvenuto con Antonio Panzeri e Francesco Giorgi. Come spiegano gli stessi avvocati di Eva Kaili, non sembra a questo punto aver convinto i giudici la collaborazione attiva della ex Presidente del Parlamento Ue: «non e’ stata ritenuta sufficiente per meritare i domiciliari. Collabora all’inchiesta in maniera attiva e contesta qualunque accusa di corruzione a suo carico», ha sottolinea l’avvocato Andre’ Risopoulos assieme al collega Michalis Dimitrakopoulos. Kaili resta dunque in carcere con l’accusa di corruzione, riciclaggio e associazione a delinquere: «Vi dico che la signora Eva Kaili e’ innocente e non e’ mai stata corrotta, mai», inoltre «si sente tradita dal compagno Francesco Giorgi», ritenuto l’elemento di “gestione” delle presunte tangenti tra Qatar, Marocco e diversi funzionai europei.
INDAGINI QATARGATE, SPUNTA NUOVO “LOBBISTA” CON SOLDI ALLA ONG DI PANZERI
Proseguono intanto le indagini sul Qatargate e pure le polemiche politiche sulla gestione dei vertici Ue sugli affari con l’estero – non da ultimo la proposta-minaccia del Presidente ungherese Viktor Orban che dopo le diverse critiche mosse da Bruxelles al suo operato a Budapest scrive, «Il recente scandalo è rivelatore. Le salvaguardie anticorruzione del Parlamento europeo hanno fallito miseramente. Se vogliamo ripristinare la fiducia del pubblico, è ora di abolire il Parlamento europeo. La nostra soluzione: creazione di un nuovo Parlamento europeo, composto da delegati nazionali. Ciò garantisce maggiore controllo, responsabilità e credibilità. Ridiamo il controllo agli Stati membri».
Tra le carte delle indagini sul Qatargate emergono altri nomi e figure che avrebbero cercato di corrompere funzionai Ue per vantaggi commerciali e geopolitici: come raccontato dal quotidiano “La Verità”, emerge il nome di Iqbal Survé, editore e filantropo del Sudafrica, che avrebbe finanziato la ong di Panzeri – la Fight Impunity – con ben 250mila euro. Secondo quanto dichiarato da Survé stesso, a spingerlo sarebbero state le attività della Fight impunity: «lottare contro il traffico di esseri umani, gli abusi sui detenuti e a favore del ripristino di pace e giustizia nel mondo». Il problema è che il “lobbista” sarebbe alquanto criticato in patria proprio per i «disinvolti utilizzi di fondi pubblici e fondi pensione e per i legami con i vertici della Anc (African national congress, il partito che fu di Nelson Mandela, ndr)». Legami “triangolari” in quanto il sostegno finanziario della Sekunjalo development foundation (Sdf) di Sauvè non andava solo a rimpinguare le casse della ong di Panzeri, ma vi erano diversi legami con il Qatar: come spiega il Jerusalem post (ripreso dal “Corriere della Sera”), «La fondazione, infatti, interviene soprattutto in Sudafrica e altri paese africani, ma anche nelle zone del Golfo». L’editote sudafricano per il momento smentisce di essere coinvolto nel Qatargate ma le indagini proseguono e quasi diviene ormai difficile tener conto dei vari filoni e sottofiloni scaturiti dalla maxi inchiesta sull’asse Qatar-Ue.