Scoperchia un colossale problema di legalità e democrazia il QatarGate avviato dalla magistratura belga, e che vede alcuni italiani eccellenti fra gli indagati. Dimostra la fragilità del Parlamento europeo, in teoria cuore delle istituzioni dell’Unione, perché l’unico eletto direttamente dai 450 milioni di cittadini dei 27 Stati membri.



Ricapitoliamo i fatti: l’ipotesi su cui lavorano gli inquirenti è che entità esterne, il ricchissimo Qatar, ma anche il Marocco, abbiamo sborsato cifre ingenti per influenzare le decisioni dell’Eurocamera a proprio vantaggio. Ieri sono stati convalidati gli arresti di Antonio Panzeri, ex sindacalista Cgil, poi esponente del Pd e di Articolo Uno, che sui banchi di Strasburgo sedeva sino al 2019, e dell’attuale vicepresidente dell’assemblea, la socialista greca Eva Kaili. Nelle rispettive abitazioni le perquisizioni hanno fatto rinvenire cifre enormi in contanti, e sotto la lente degli investigatori sono una serie di prese di posizione a favore dei presunti elargitori. L’ultima, nel caso della Kaili, è di pochi giorni fa, con un intervento in cui il Qatar era definito “faro dei diritti dei lavoratori, bullizzato da una stampa alla ricerca dei titoloni”.



Perché tutto nasce dalla sciagurata decisione di assegnare i Mondiali di calcio di quest’anno, che l’Emirato ha ottenuto sfoggiando ogni arma, compresa la sua potenza economica, e dalle polemiche intorno alle violazioni dei diritti umani avvenute nei cantieri per la costruzione degli stadi destinati a ospitare la competizione. Nessuno sa dire con precisione quanti siano gli operai che hanno perso la vita, ma di sicuro tanti, tantissimi. C’è chi parla di oltre 6mila. Amnesty International ha denunciato più volte condizioni di lavoro disumane. Per scrollarsi di dosso questa antipatica etichetta i qatarini le hanno provate tutte, pare aprendo anche, e generosamente, i cordoni della borsa. Cosa volete che sia qualche milione di dollari per un evento costato 220 miliardi, il Mondiale più costoso della storia?



Ecco, il problema è questo: un’entità statuale con tali disponibilità economiche da comprare qualsiasi cosa, anche i voti dell’Europarlamento. E un’entità democratica sovranazionale che sembra più indifesa dei parlamenti nazionali, nonostante sia da sempre al centro del più sfrenato lobbismo. Non a caso dalle indagini sembrerebbe che anche il Marocco abbia lavorato allo stesso modo per chiudere accordi commerciali vantaggiosi, senza toccare il delicato tema dei diritti umani, in particolare quelli del popolo saharawi.

Non solo. L’inchiesta belga interroga profondamente la sinistra, in primo luogo quella nostrana: si pensi che la Ong fondata da Panzeri (dal poco felice nome di “Fight Impunity”, cioè “Combatti l’impunità”) fino a due giorni fa vedeva nel suo board Emma Bonino e Federica Mogherini, del tutto estranee e che si sono immediatamente dimesse. Era il segno della credibilità di chi le aveva coinvolte. Un politico di lungo corso, vicino a Bersani e all’area dalemiana. E per inciso colpisce la singolare coincidenza temporale per cui proprio pochi giorni fa l’ex premier era salito agli onori della cronaca per il suo ruolo di consulente a una cordata con forte presenza qatarina interessata a rilevare dalla russa Lukoil la raffineria di Priolo, in Sicilia.

Non è che l’influenza dei petrodollari sia però circoscritta alla sinistra. L’inchiesta belga è solo agli inizi e potrebbe riservare sviluppi clamorosi, in varie direzioni. Resta il dilemma di come si possa porre un argine allo strapotere economico di nazioni, i produttori di petrolio, ma non solo loro, che grazie alle loro disponibilità economiche sono in grado di influenzare i processi democratici, e certo non solamente nel calcio. Non si dimentichi il saggio dei giornalisti francesi George Malbrunot e Christian Chesnot, Qatar Papers, che indica nell’Emirato uno dei principali finanziatori di una serie di imam vicini alla Fratellanza musulmana, che diffondono una visione integralista dell’islam nelle moschee europee. Le democrazie occidentali, e quella europea in particolare, devono interrogarsi sugli anticorpi da sviluppare nei confronti di chi ritiene che tutto, anche i diritti fondamentali, abbia un prezzo, e abbia la disponibilità economica per comprare.

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