L’INCHIESTA DI “DATAROOM” SULLE LOBBY UE DOPO IL QATARGATE
Il rapporto tra ong, lobby e istituzioni europee inevitabilmente è stato rimesso in forte discussione con l’inchiesta Qatargate che vede – tra gli altri indagati – anche due organizzazioni no profit al centro delle accuse: si tratta come noto della “No Peace Without Justice” di Niccolò Figà-Talamanca e “Fight Impunity” di Antonio Panzeri, entrambi arrestati con l’accusa di corruzione e associazione a delinquere. In particolare, le accuse della Procura di Bruxelles vertono sull’uso di denaro proveniente da Qatar e Marocco, sotto forma di tangenti, inserito nei conti delle ong che in teoria dovevano occuparsi di diritti umani senza fini commerciali. Da qui parte la lunga analisi di “DataRoom”, la rubrica di Milena Gabanelli sul “Corriere della Sera”, nel cercare di scandagliare le eventuali “lobby” mascherate da ong in Europa.
Secondo quanto stabilito dal Registro per la trasparenza Ue, esistono tre tipi di lobby ammesse regolarmente presso l’Unione Europea: chi promuove i propri interessi o quelli dei propri membri (compagnie, aziende); gli intermediari (studi di consulenza); e chi non rappresenta interessi commerciali (associazioni no profit, Ong). Sono in tutto 3.488 le ong o no profit di cui 161 quelle italiane: uno dei problemi è molte volte le organizzazioni che dovrebbero non avere fini commerciali in qualche modo hanno una forte componente di influenza verso i propri finanziatori.
“ONG-LOBBY, POLITICI ITALIANI TRA I PIÙ ‘DISTRATTI’”: TUTTI I DATI
«Fra le tante e nobili Ong che si occupano di tutela dell’ambiente, accoglienza dei migranti, benessere animale, cura delle malattie rare, disabilità, associazioni di genitori di bambini malati oncologici, troviamo però anche questo lungo elenco», scrive Gabanelli su DataRoom. In questo elenco vi sono ong come “Unione italiana per l’Olio di palma sostenibile”, o anche “Consorzio italiano compostatori”, o ancora “OITAF-Organizzazione internazionale trasporti a fune”: si tratta di attività tutte legittime che però, spiega DataRoom, hanno forte rappresentanza degli interessi dei loro finanziatori. Ci aggiungiamo noi poi che anche ong come le due di Panzeri e Figà-Talamanca – se venissero confermate le accuse mosse finora – lucravano soldi dietro la facciata di diritti umani e progetti benefici.
«Ma qualcuno controlla questo Registro? È cruciale, perché la confusione danneggia la reputazione di migliaia di volontari e associazioni che realmente tutelano gli interessi della comunità», si chiede Gabanelli citando quanto sancito dalla Corte dei Conti nel 2018, ovvero che definiva «inaffidabile la classificazione delle Ong». Uno dei punti all’ordine del giorno della “riforma” messa in campo dalla Presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola dopo lo scandalo Qatargate è l’obbligo di registrare gli incontri con i lobbisti di qualunque categoria, dalle multinazionali ai sindacati o associazioni no profit, come del resto già avviene per statuto negli incontro tra lobby e membro della Commissione Ue. Scrive poi DataRoom che nel vasto mondo delle lobby e ong europee, i politici italiani sono i più “distratti”: negli ultimi 3 anni solo il 42% ha ufficializzato almeno un meeting con i portatori d’interessi; contro il 76% della Germania, il 62% della Francia e il 54% della Spagna (qui il documento ufficiale). Tra le ong italiane, ben 132 su 161 totali dichiarano “zero incontri” con i rappresentanti dell’Europarlamento: da qui il forte sospetto che gli incontri siano avvenuti ma non siano stati registrati.