NUOVA PISTA SUL QATARGATE IN TURCHIA: COSA C’ENTRA ERDOGAN

Una delle particolarità che contribuiscono a rendere mese dopo mese sempre più “ingarbugliata” la maxi inchiesta del Qatargate della Procura del Belgio è la vasta rete di presunti collegamenti che avrebbero costruito il flusso di tangenti da Qatar e Marocco verso l’Unione Europea. Dopo i filoni dell’inchiesta aperti in Grecia e a Milano, ecco che presto potrebbe giocare un ruolo importante quanto emerge in questi giorni dalla Turchia del “sultano” Erdogan: lo scrive oggi, citando fonti dirette delle indagini, il quotidiano “La Verità” spiegando come un misterioso uomo d’affari legato alla famiglia del Presidente turco sarebbe stato l’ufficiale di collegamento tra Pier Antonio Panzeri, Francesco Giorgi e i presunti corruttori del Qatar.



Si chiama Hakan Camuz l’uomo che emerge dentro l’inchiesta Qatargate con ruolo ancora tutto da ricostruire: «La vita di Hakan Camuz è come un film. Nel 1991 litiga con suo padre e lascia Ankara per volare a Londra, lì oggi possiede uno studio legale, è presidente di Musiad (una Confindustria turca, ndr), risolve i problemi dei turchi in Inghilterra dove è conosciuto come “fratello Hakan”», lo scrive la rivista turca Arti90 citata oggi da “La Verità”. Dopo lo stop dei canali diplomatici con il Qatar del giugno 2017 di Bahrein, Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, è la Turchia di Erdogan ad essere diventata la principale nazione islamica alleata dell’emiro per “difendere” gli interessi nella corsa al Mondiale 2022 (e non solo). Gli inquirenti belgi sospettano da settimane che i soldi inviati dalle società di Camuz e dalla misteriosa “Team organizasyon” di Istanbul «siano il provento del riciclaggio messo in piedi dal Qatar per pagare i servigi di Panzeri, ingaggiato a colpi di petro-euro per difendere la reputazione di Doha a Bruxelles», scrive “La Verità”.



QATARGATE, DUE INDAGATI IN NUOVO FILONE A MILANO. KAILI IN CARCERE PER ALTRI 2 MESI

Ovviamente resta da capire se in primis questa presunta “triangolazione” Qatar-Turchia-Ue sia effettivamente esistita e se sì, chi abbia avuto le redini dei “giochi”: gli inquirenti del Qatargate stanno cercando eventuali prove che conducano a Panzeri, a Camuz, al Qatar o addirittura al Governo di Erdogan per capire da chi fosse nata la presunta rete corruttiva. Nel frattempo, è notizia di ieri la conferma della permanenza in carcere di una delle accusate “principali” del Qatargate, ovvero la ex vicepresidente dell’Europarlamento Eva Kaili: è stato respinto ancora una volta l’appello della difesa per la scarcerazione e anzi, la politica greca dovrà rimanere in carcere almeno per altri due mesi (è in cella dal 9 dicembre scorso, ndr). A deciderlo la Corte d’Appello di Bruxelles, respingendo l’appello presentato dai legali della politica greca.



A Milano intanto nelle scorse ore è stato ufficialmente aperto un fascicolo di inchiesta “derivante” dal Qatargate con due indagati: il reato contestato è riciclaggio e sotto accusa, rileva l’ANSA, vi sarebbero i due soci della società di consulenza di Opera “Equality” che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata utilizzata «come “lavatrice” per riciclare in Italia il denaro – circa 300mila euro – frutto del presunto giro di tangenti portato alla luce dall’inchiesta belga», giunti da Qatar e Marocco. Si tratta degli indagati Manfred Forte e Dario Scola: sarebbero loro, secondo le prime avvisaglie della Procura di Milano – in concordanza con la Procura di Bruxelles – i presunti “prestanome” di Francesco Giorgi, ex collaboratore dell’ex eurodeputato Antonio Panzeri e assistente dell’altro indagato sul Qatargate Andrea Cozzolino. Si indaga su circa 300mila euro arrivati alla Equality, società prima partecipata dalla commercialista di famiglia Panzeri Monica Rossana Bellini e dal fratello e dal padre di Giorgi, le cui quote sono poi passate a Forte e Scola. Come scrive il pm belga nell’atto di arresto belga a Bellini (il 9 marzo l’udienza a Milano per decidere sulla sua consegna o no), «la commercialista Bellini sembra aver svolto un ruolo importante nel rientro dei soldi dal Qatar creando, insieme a Silvia Panzeri, figlia di Pier Antonio, una struttura di società che desse al flusso di denaro una veste legale». Si attenderà i prossimi giorni la posizione ufficiale della difesa dei nuovi indagati sul caso Qatargate per capire se vi siano gli estremi per andare a procedimento o meno anche su questo nuovo “filone”.