L’INCHIESTA QATARGATE NASCE IN EMIRATI ARABI? L’INDISCREZIONE

Se già lo scorso dicembre si parlava di un possibile “coinvolgimento” degli Emirati Arabi all’origine dell’inchiesta-scandalo Qatargate, le nuove carte ora a disposizione di Mediapart, del quotidiano “Domani” e del consorzio di giornalismo investigativo Eic potrebbe aggiungere un’ulteriore risvolto “bomba” alle indagini sulla presunta corruzione in ambito Parlamento Ue. Secondo infatti un’informativa dell’agenzia svizzera d’investigazione Alp Services – contattata nel 2018 dai servizi di Abu Dhabi – vi sarebbero state già allora segnalazioni per possibili attività di lobbismo nei principali sospettati-indagati oggi per il Qatargate.



«È ottobre del 2018. Dopo aver mappato la presunta rete dei Fratelli Musulmani in Europa, gli Emirati chiedono all’investigatore privato Mario Brero di individuare i lobbisti usati tra i palazzi dell’Ue dal Qatar»: così oggi sul “Domani” i colleghi Tizian e Vergine presentano la risma di carte messe a disposizione da Mediapart dove emergerebbe il tentativo di indagare il “nemico” politico e commerciale degli Emirati, per l’appunto il Qatar. La suddetta società svizzera ha fornito agli Emirati Arabi, per centinaia di migliaia di euro, un elenco con «dozzine di nomi di politici e funzionari europei. Tutti etichettati come sostenitori del Qatar». Spionaggio, controspionaggio, conflitto d’interessi, commercio e politica intrecciate: tutto questo e molto altro è la “guerra” tra Qatar ed Emirati giocata, almeno così pare dal materiale raccolto dal “Domani”, sul “terreno” dell’Unione Europea.



“PANZERI, KAILI E TARABELLA GIÀ SEGNALATI NEL 2018“: COSA DICONO LE CARTE DA ABU DHABI

«A marzo 2019, uno dopo l’altro, Alp produce tre documenti: il report “constellation – stage 1”, un’infografica di accompagnamento con la mappatura della cosiddetta rete del Qatar a Bruxelles e, infine, un “report investigativo” dedicato esclusivamente ad Avisa Partners, un’altra società di intelligence privata», ravvisa ancora il quotidiano fondato da Carlo Debenedetti. Nelle conclusioni sul “Piano Costellazione” (dal riferimento alle stelle della bandiera Ue, ndr) emergono alcuni nomi poi riemersi come indagati nell’inchiesta Qatargate.



Da Eva Kaili ad Antonio Panzeri, da Marc Tarabella fino ad altre 70 persone considerate dall’agenzia svizzera per conto degli Emirati come «lobbisti per il Qatar». Sebbene in quell’indagine non vi poteva essere alcuna “preveggenza” della futura inchiesta di Bruxelles, la Alp Services ravvisava come già nell’aprile 2018 Panzeri si trovava in visita a Doha per organizzare nei mesi successivi un’audizione al Parlamento europeo di Ali Bin Samikh Al-Marri, allora presidente del Comitato nazionale per i diritti umani. Come raccontato dallo stesso ex Pd negli interrogatori in cui si è reso disponibile a collaborare, è in quel viaggio che vi sarebbe stato stretto il “patto corruttivo” culminato con il ritrovamento di 700mila euro in contanti nella casa di Panzeri a Bruxelles (lo scorso dicembre, ndr). Il “Domani” ha chiesto conto a Panzeri e Kailli di queste carte: dal primo non hanno ricevuto risposta, mentre gli avvocati della ex vicepresidente del Parlamento Ue emerge che «In primo luogo, le conclusioni tratte per conto dei servizi segreti degli Emirati Arabi Uniti nel 2019 sono le stesse contenute nel rapporto dei servizi segreti belgi del 2022. In secondo luogo, è preoccupante che il Parlamento europeo sia diventato un ‘campo di battaglia’ per i servizi segreti di Paesi che mettono deliberatamente sotto sorveglianza le attività di deputati democraticamente eletti, in violazione della loro immunità e dello stato di diritto europeo». Anche i legali di Tarabella hanno replicato spiegando «Essendo stato vicepresidente della delegazione della penisola arabica, non sorprende che abbiano cercato di raccogliere informazioni su di lui. La cosa molto più sorprendente è leggere che Marc Tarabella avrebbe fatto parte di un gruppo di amicizia con questo Paese il Qatar, ndr), il che è totalmente falso».