L’ADDIO DEL GIUDICE CLAISE ALL’INCHIESTA QATARGATE: ECCO COSA SUCCEDE
Dopo mesi di accuse, arresti, filoni aperti e scercerazioni, l’inchiesta Qatargate è ancora un cantiere a cielo aperto il cui “architetto” si è però dimesso di punto in bianco: la notizia delle dimissioni del giudice Michel Claise è giunta negli scorsi giorni durante l’arresto dell’europarlamentare Pd Andrea Cozzolino (alla fine poi rilasciato dalla Procura Federale di Bruxelles). Già in quelle ore era emerso come la decisione del giudice istruttore Michel Claise di rinunciare all’inchiesta su presunti episodi di corruzione internazionale (legati al Parlamento Europeo, al Qatar e al Marocco) dipendesse dal fatto che uno dei suoi figli avrebbe lavorato per una delle persone indagate.
«In via cautelare e per consentire alla giustizia di continuare serenamente il suo lavoro e di mantenere una necessaria separazione tra vita privata e familiare e responsabilità professionali, il giudice istruttore Michel Claise informa di aver deciso questa sera di ritirarsi dal fascicolo», annotava la Procura lo scorso 19 giugno evidenziando come nel dossier Qatargate, «di recente sono comparsi alcuni elementi che potrebbero sollevare alcune domande sul funzionamento oggettivo dell’indagine». È invece oggi che Giuseppe Guastella sul “Corriere della Sera” a provare a ricostruire quanto avvenuto con il giudice Claise e un fascicolo che tocca elementi delicati come la politica belga, la presunta lobby della cannabis legale e addirittura la massoneria.
CANNABIS, MASSONERIA E POLITICA: LE NOVITÀ SUL QATARGATE
Vi sarebbe un imbarazzante e presunto conflitto di interessi che pende sulla testa di Michel Claise e che lo avrebbe portato alle dimissioni dal caso Qatargate: nasce tutto dall’avvocato di Marc Tarabella – uno degli indagati dell’inchiesta Ue – che ha messo in dubbio l’imparzialità del giudice in quanto il figlio Nicolas Claise (classe 1991) sarebbe socio in affari con Ugo Lemaire, il figlio dell’eurodeputata socialista belga Marie Arena. Quest’ultima fino a pochi mesi fa era presidente della commissione diritti umani del Parlamento Europeo, il cui predecessore fu proprio quell’Antonio Panzeri oggi ritenuto il fulcro della presunta corruzione tra Qatar e Parlamento Ue.
Ebbene, Arena sebbene sfiorata dall’inchiesta Qatargate non è mai stata indagata e sempre proclamata estranea, «Sono allibita e profondamente arrabbiata» denunciava la stessa eurodeputata socialista. Gli affari che legano il figlio di Claise e il figlio di Arena sarebbero una azienda che commercializza prodotti derivati da cannabis in libera vendita: nell’intervista a “Le Soir” in cui veniva celebrato l’estro giudiziario e il fiuto d’indagine di Claise, fu lo stesso giudice ad ammettere di essere orgogliosamente parte di una lobby della massoneria, «essere massone non mi limita, sono libero». A differenza dell’Italia – racconta il “Corriere” – in Belgio è legale che i magistrati siano iscritti alla massoneria: il tema dunque è un altro secondo la stampa belga, ovvero che altri esponenti massoni avrebbero fatto notare a Claise che stava facendo «troppo per coprire Arena» nel Qatargate, rivela il quotidiano “Sudinfo” pubblicando alcuni retroscena tutti da verificare sul magistrato. Mentre il giudice si è chiuso ora in un lungo silenzio stampa, le fonti del “Corriere” in Belgio hanno ricostruito anche altri elementi tutti da discutere: «Arena ha divorziato da Olivier Lemaire, padre del giovane socio del figlio di Claise, il quale ha sposato l’attuale ministra degli esteri del Belgio, Hadja Lahibib. Curiosamente, il 14 novembre Lahibib ha incontrato il ministro del lavoro del Qatar Al Marri il quale, nell’inchiesta che il mese dopo deflagrerà con gli arresti basati su accuse al- quanto fumose, è ritenuto il pagatore delle tangenti attraverso la ong Figth impunity di Panzeri, che aveva incontrato il 10 ottobre in un hotel di Bruxelles». Nella lunga intervista rilasciata nelle scorse settimane da Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento Ue e principale accusata di corruzione e tangenti nell’inchiesta Qatargate, sollevava il quesito-provocazione: «come mai Arena non ha avuto problemi? E se fosse protetta da un’immunità speciale?». I nodi oggi iniziano a venire al “pettine” e l’impressione è che il Qatargate sia ancora lungi da essere finito/archiviato come dossier.