Rigore e trasparenza, questo serviva da parte dell’Ue per rispondere allo scandalo Qatargate. Invece, si sta lavorando ad una riforma che non solo appare vecchia, ma soprattutto rischia di essere inefficace. Il sospetto è che non si voglia davvero alzare un muro contro poteri economici e politici che provano a infiltrarsi e a condizionare il lavoro dell’Unione europea. Del resto, stando ai dati della Ong Transparency International, Bruxelles è il secondo centro mondiale del lobbismo dopo Washington. A sei mesi dallo scoppio del peggior scandalo di corruzione all’Europarlamento, la Commissione europea ha reso nota la sua proposta di riforma delle regole etiche di tutte le istituzioni Ue, cioè la creazione di un comitato consultivo nominato con l’obiettivo di armonizzare gli standard di trasparenza e contro il conflitto di interesse.



La proposta dell’organismo guidato da Ursula von der Leyen è che l’istituzione fissi impegni vincolanti e nuovi standard etici comuni per funzionari e politici che lavorano nelle nove istituzioni europee. Questo nuovo organismo collegiale non avrebbe, però, il potere di aprire indagini o sanzionare illeciti, ma solo di chiedere ai soggetti coinvolti di “di sorvegliare meglio se stessi (e metterli pubblicamente in imbarazzo se non lo fanno)“, come anticipato da Politico.



RIFORMA UE CONTRO QATARGATE: LE CRITICHE

La proposta della Commissione Ue, dunque, prevede che ognuna delle istituzioni comunitarie – Commissione, Consiglio di presidenza, Consiglio europeo, Europarlamento, Corte di giustizia, Corte dei conti, Banca centrale europea, Comitato economico e sociale europeo e Comitato delle regioni – deve nominare un rappresentante con sei mesi di tempo per sviluppare standard etici comuni. Dopo aver concordato le nuove regole di trasparenza su redditi, patrimoni, doni, incarichi secondari e post-carica, bisogna elaborare standard comuni. Come evidenziato dal Fatto Quotidiano, la proposta della Commissione europea ha già sollevato critiche.



Ad esempio, il centrodestra la sostiene spiegando che l’istituzione di nuovi poteri di controllo rischierebbe di indirizzare le inchieste etiche, mentre liberali e socialisti replicano spiegando che gli standard etici sono inutili se poi mancano controlli effettivi. “La proposta attuale pare in linea con quella del 2000 redatta da Neil Kinnock per la Commissione Prodi, dopo gli scandali che a marzo 1999 portarono alle dimissioni della Commissione Santer“, spiega il professor Alberto Alemanno, docente di diritto della Ue alla Scuola di alti studi commerciali (Hec) di Parigi, visiting professor al Collegio d’Europa di Bruges e fondatore della Ong The Good Lobby.

QATARGATE, COSA PREVEDE RIFORMA UE

La proposta dell’Europarlamento nel 2020 era più stringente, secondo Alemanno. “Ma la Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen non la ricevette“. Invece, ora la Commissione europea avanza la proposta di vent’anni fa, “l’istituzione di un comitato etico che dovrebbe emanare linee guida di comportamento che ciascuna istituzione europea, in base a un dibattito interno, sarà libera di recepire o meno con un semplice accordo inter-istituzionale“, ha dichiarato al Fatto Quotidiano. I problemi comunque non mancano. “Innanzitutto le istituzioni potrebbero aderire in ordine sparso, alcune sì ma altre no, lasciando di nuovo spazio a orientamenti e regole diverse“.

Inoltre, questo comitato etico, ha aggiunto Alemanno, “ha il compito di indicare regole comuni di trasparenza e comunicazione su conflitti d’interesse e comportamenti ‘inappropriati’, ma non ha alcun effettivo potere di controllo e verifica del loro rispetto“. Peraltro, non è un comitato etico indipendente, “ma è nominato dai vertici delle istituzioni che intendessero aderire: nessuno può garantire davvero che le sue linee guida siano usate in maniera imparziale e non con un bias politico per colpire chi in quel momento si trova su posizioni diverse dai vertici comunitari“.